Nuovo capitolo della campagna #ioccupo. Il collettivo Làbas, questa mattina, ha occupato uno spazio sfitto, in via Solferino 42.

#ioccupo prende casa in via Solferino 42. Da oggi 25 persone tra famiglie, migranti, richiedenti asilo e minori hanno finalmente un tetto. “Occupare lo sfitto è giusto. Troppe case senza gente, troppa gente senza casa!”. Con queste parole il collettivo Làbas ha comunicato questa mattina di aver messo in atto una nuova occupazione, nel contesto della campagna per il diritto all’abitare.

Lo stabile è di proprietà dell’istituto dei ciechi Francesco Cavazza e, da quanto emerge dalle dichiarazioni di alcuni abitanti della zona, è vuoto da circa 20 anni. Un incontro informale tra Istituto e occupanti si è già svolto e ha registrato la preliminare disponibilità della proprietà a discutere con i nuovi inquilini dello stabile. Gli attivisti di Adl-Cobas e Làbas rivelano come, nonostante un progetto di ristrutturazione dell’immobile sia già stato elaborato, ci sia una sostanziale coincidenza di vedute con i membri dell’Istituto incontrati questa mattina.

Gli attivisti di Adl-Cobas e Làbas spiegano anche che del Comitato d’Onore dell’Istituto Cavazza fanno parte prefetto, rettore e sindaco.

L’occupazione di via Solferino darà un tetto a molti migranti e richiedenti asilo, provenienti tra l’altro da Afghanistan, Etiopia, Moldova, Nigeria e Romania. Una composizione, ancora una volta, “molto eterogenea” cui prendono parte anche alcuni italiani, “due ex muratori e un precario”, riferisce Alessandro di Làbas.

L’ennesima occupazione abitativa a Bologna prosegue un percorso iniziato da tempo, nel quale il diritto alla casa si intreccia anche con processi sociali e rivendicazioni politiche diverse e più ampie. “Oltre alla questione del diritto all’abitare – spiega Alessandro – ci interessa mettere a tema anche quello a un’assistenza degna”.

“Noi con questa occupazione vogliamo innanzitutto dare un tetto alle persone che si sono rivolte allo sportello, ma ci interessa sollevare il problema politico legato al fallimento del protocollo prefettizio”, continua Alessandro.

Il riferimento è al protocollo d’intesa siglato tra Prefettura e Palazzo d’Accursio per far fronte all’oramai strutturale emergenza abitativa. “Il protocollo è fallito perchè gli sono mancati alcuni strumenti. In quel protocollo si sarebbe dovuto inserire la requisizione degli stabili sfitti e non la loro semplice richiesta, una moratoria di sfratti e sgomberi, e la garanzia di alcuni diritti, come quello alle utenze e alla residenza”.

Alessandro Albana