“La bambola brutta – storia di Eloisa partigiana” è il racconto per ragazzi che Renata Viganò, partigiana di Comacchio e poi giornalista, scrisse per il Pioniere per narrare la Resistenza con gli occhi semplici di un bambino. Tiziana Roversi e le giovani collaboratrici della “Brigata Viganò” lo hanno riproposto e trasformato in un albo illustrato.

La Resistenza italiana contro le forze nazi-fasciste all’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 continua ad essere argomento di grande interesse. Una pagina della nostra storia che è stata ampiamente narrata in romanzi, poesie, articoli di giornale ed interviste a chi ha vissuto di persona quelli anni. Non è detto che ci sia un nesso diretto con i partigiani per sentire il bisogno di continuare a raccontare le loro storie. Proprio come Sofia Fiore, Margheriita Occhilupo, Marta Selleri, Dafne Carletti ed Elena Sofia Tarozzi: ragazze appena ventenni che, coordinate da Tiziana Roversi, esperta di letteratura per ragazzi, hanno costituito la “Brigata Viganò” e curato un’edizione illustrata de “La bambola brutta – storia di Eloisa partigiana”, il racconto per ragazzi che la partigiana Renata Viganò scrisse per il Pioniere nel 1960.

“Una volta venuta a conoscenza del racconto, l’ho proposto alle ragazze, perchè sapevo che loro già progettavano di andare nelle scuole a parlare di resistenza – spiega Roversi – Questo racconto sembrava lo spunto ideale per parlare di resistenza con i ragazzi ed il modo per farlo leggere oggi era trasformarlo in un libro. L’albo illustrato è adesso la forma libraria più amata dai giovani lettori di quarta e quinta elementare ed è per questo che abbiamo deciso di far illustrare il racconto della Viganò”.

La storia narrata è quella di Eloisa, una ragazzina figlia di genitori impegnati nella lotta partigiana. Eloisa non è tenuta a distanza dalla storia che accadeva davanti ai suoi occhi inconsapevoli, ma proprio la sua brutta bambola bionda dai capelli di stoppa è il veicolo di diffusione di messaggi segreti tra i compagni combattenti.
Un racconto di chiaro sapore autobiografico, dal momento che la stessa Viganò fu staffetta ed infermiera partigiana nelle valli di Comacchio, al fianco del marito Antonio Meluschi ed accompagnata da suo figlio Bu. “Renata Viganò non si è mai voluta staccare dal suo bambino – racconta Roversi – Erano anni difficili e pericolosi, rischiosissimi per tutti; nonostante questo, Renata Viganò ha fatto partecipare il suo bambino a questa vita rischiosa e lo ha poi raccontato nei suoi articoli ed in questa storia”. Una scelta che oggi potrebbe apparire avventata e senza criterio, come testimonia il commento di una mamma che ha letto il racconto di Eloisa. Eppure né adulti né bambini potevano sfuggire alla storia di quei mesi: farla vivere da vicino ad un bambino era un modo per calarlo nella realtà.

“La bambola brutta – storia di Eloisa partigiana” è un progetto nato un anno e e mezzo fa, quando ancora il neofascismo in Italia non era emerso con la violenza con cui, invece, è ora manifesto. Ma i fatti di cronaca di cui siamo stati testimoni negli ultimi mesi “dimostrano che bisogna fare qualche cosa – commenta Tiziana Roversi – è un’ulteriore conferma del fatto che queste ragazze sentano un bisogno impellente vero, che forse dovremmo sentire in di più, di diffondere un messaggio anti-fascista. Conoscere la Storia e diffondere una cultura anti-fiscista”. Un messaggio che le parole semplici e dirette della Viganò non permettono di ignorare.

Marta Campa

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