L’edizione 2014 del MayDay punta il dito contro lo sfruttamento sancito dal Jobs Act e ispirato dall’Expo 2015. Dopo il 1° maggio milanese andrà in scena “The Ned”, tre giorni di azioni, dibattiti e workshop. San Precario denuncia lo Stato italiano perché “ce lo chiede l’Europa”.

Mentre il Parlamento discute il dl Poletti, considerato l’anteprima del Jobs Act renziano, fervono i preparativi per l’ormai consueta MayDay Parade di Milano dove, in alternativa alla manifestazione romana dei sindacati confederali, si ritrovano le realtà del lavoro precario.
Un evento, quello del capoluogo lombardo, che anticipa una tre giorni di azioni, dibattiti e workshop intitolata “The Ned“.

“Il percorso della parata del 1° maggio non è ancora definitivo perché quest’anno c’è il problema dei cantieri per Expo 2015”, spiega ai nostri microfoni Alessandro, uno degli organizzatori. Ed è proprio Expo 2015 ad essere al centro di una delle contestazioni dei precari. La kermesse, infatti, è considerata una sorta di apripista allo sfruttamento dei lavoratori che sarà poi recepito dal Jobs Act.
Lo scandalo dei lavoratori “volontari”, più di 500 in ogni giornata, è solo l’emblema delle deroghe e delle forme di precarietà che, secondo gli organizzatori del MayDay, rispondono alla logica del Jobs Act.

“Con questa riforma il contratto a tempo indeterminato sparirà definitivamente – spiega Alessandro – ed è una pantomima quella a cui siamo assistendo alla Camera, con la rivendicazione di 5 rinnovi contrattuali senza causale invece di 8”.
Quello che succederà, dunque, è l’estensione e l’ufficializzazione definitiva della precarietà.

Tra le componenti del MayDay c’è anche San Precario, che in questi giorni sta dando vita ad un’iniziativa curiosa. Ribaltando la logica utilizzata per giustificare l’austerity, infatti, San Precario ha annunciato di voler denunciare lo Stato italiano perché “ce lo chiede l’Europa”.
Il riferimento è alla direttiva europea 1999/70, secondo cui gli Stati membri devono limitare la temporaneità dei contratti, favorendo il tempo indeterminato. Un precetto che il Jobs Act e il dl Poletti evidentemente non rispettano.