Prosciugati 81 corsi d’acqua, 37 sorgenti, una trentina di pozzi e cinque acquedotti. È il lascito della Tav del Mugello, 73.3 km di binari sotto gli Appennini che collegano l’Emilia Romagna e la Toscana. Il 21 marzo sono arrivate le condanne per i vertici di Cavet, consorzio d’imprese che ha in appalto i lavori.

Dal 1996 al 2009, in una delle zone più belle della Toscana e dell’Italia, quella del Mugello, “si è consumato un disastro ambientale”. Lo denunciano gli abitanti della zona, dove si è realizzata la Tav trapanando i monti. Mentre si scavava, 57 chilometri di fiumi si sono seccati, 37 sorgenti sono state prosciugate e 5 acquedotti non sono più utilizzabili. Diversi Comuni della zona hanno iniziato a rifornirsi di acqua attraverso le autobotti e le pompe. Un danno ambientale che, in termini economici, ammonterebbe a circa 741 milioni di euro.

Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria, i reati contestati non riguardano il dissesto idrogeologico, bensì la gestione dei rifiuti. Come ci spiega Selene Cilluffo, giornalista di Today.it e autrice dell’inchiesta, “il 3 marzo 2009, nel primo grado del processo sui lavori dell’opera furono condannate 27 persone con pene dai 3 mesi ai 5 anni di reclusione”, per omessa bonifica delle discariche e traffico illecito di rifiuti. Si stabilisce inoltre il risarcimento di oltre 150 milioni di euro ai danni dei vertici della Cavet, consorzio d’imprese legato a Impregilo, che ha in appalto i lavori.

Il processo cadde poi in prescrizione, fino a quando una sentenza della Corte di Cassazione ne stabilì la riapertura per un errore proprio nel calcolo dei tempi di prescrizione. Il 21 marzo 2014 arrivano così le condanne: “i reati contestati riguardano la destinazione delle terre di scavo che, per l’accusa, sono state smaltite in cave o in siti per i quali ci sarebbero state delle certificazioni illegittime – spiega ancora Cilluffo – Ma è stato stabilito anche il risarcimento dei danni per lo Stato, il ministero, Regione, Comuni e Province del Mugello. Cavet ora è responsabile civile e la cifra da pagare verrà stabilita in quella sede”.

Ma non è tutto. Perché tra i condannati di Cavet per la Tav del Mugello alcuni detengono incarichi simili in Cociv, consorzio sempre legato a Impregilo, che ha in appalto la costruzione del Terzo Valico, tunnel in costruzione tra Genova e basso Piemonte da cui dovrebbero passare le merci che dal porto ligure arrivano fino a Milano.

Ma c’è anche, come detto, la questione dell’acqua, che in quelle zone non c’è più. Cilluffo riporta che “mentre si scavava si intercettavano le falde che inondavano la galleria in costruzione. Poi si tappava la falla ma già il bacino era prosciugato. Per questa tipologia di danni la Tav è sotto accusa anche dalla magistratura contabile”. La Corte dei Conti della Toscana afferma infatti che ci sono “lacune procedurali e decisionali da parte di organi statali e regionali che hanno operato sottovalutando le conseguenze idrogeologiche”. Quindi oltre al danno rilevato in sede penale di 741 milioni di euro la magistratura contabile ha quantificato un danno ulteriore di 14 milioni di euro. E in questo caso il dito è puntato contro gli amministratori responsabili della progettazione dei lavori del Mugello, tra i quali gli ex governatori Vannino Chiti e Claudio Martini, componenti delle giunte regionali delle due legislature dal 1990 al 2000.

Si arriva così a un paradosso, perché come dice Cilluffo “la regione Toscana è parte lesa nel processo penale per cui sono stati condannati i dirigenti di Cavet, e invece la sua amministrazione potrebbe diventare una delle responsabili del disastro idrogeologico”.

Andrea Perolino