“L’Onda d’Urto – autobiografia di una radio in movimento” è il titolo del libro che ricostruisce i 30 anni di storia dell’emittente bresciana Radio Onda d’Urto. Nella penuria di voci libere nell’etere italiano, la radio ha saputo restare fedele ai propri principi, inventandosi anche un modello di sostenibilità economica veramente alternativo.

Che le radio (ancora) libere italiane si contino sulle dita di una mano è purtroppo cosa nota. Ma la storia di una radio di movimento che è riuscita in modo intransigente a rifiutare tutte le entrate pubblicitarie necessarie alla sopravvivenza economica, inventandosi al contrario un modello di sostenibilità veramente alternativo al mercato, merita davvero di essere raccontata.
È quello che fa “L’Onda d’Urto – autobiografia di una radio in movimento“, il libro che celebra, appunto, la storia di Radio Onda d’Urto  di Brescia.

L’emittente ha spento le 30 candeline il 18 dicembre scorso, in “ritardo” di una decina d’anni rispetto alle altre radio libere superstiti. “La radio è stata fondata in un periodo molto duro – racconta ai nostri microfoni Michele della redazione – quando la repressione e altri problemi, come l’eroina, stroncavano i movimenti nati sulla scia del 1977″.
Viene dal primo volantino, dunque, la frase che si trova anche nella quarta di copertina del libro: “un granello di sabbia nell’ingranaggio della costruzione del consenso“. Una massima che descrive bene l’obiettivo che Onda d’Urto ha inseguito fin dall’inizio.

“L’idea del libro è venuta in redazione, in particolare dalla collaborazione con Marco Philopat di Agenzia X – spiega il redattore – Pensavamo fosse bello raccontare la storia di una radio autogestita, che al contempo è anche la storia di una comunità in lotta e di un periodo storico”.
La parola chiave per capire come una radio dai contenuti radicali possa aver resistito alle presunte leggi del mercato, per le quali occorrerebbe omologare ed annacquare la forma e i messaggi, sta in una parola: comunità. Una comunità che si è costruita e cementata non solo virtualmente attorno alla frequenza in etere, ma anche grazie al festival annuale organizzato dalla radio, che è la fonte primaria di entrate e il punto di riferimento di tante realtà territoriali.

“Il salto di qualità è avvenuto nel 1992 – osserva il redattore – grazie ad una nuova strumentazione e alla formazione giornalistica dei redattori”.
Uno dei piccoli segreti per capire come Radio Onda D’Urto abbia allargato il proprio bacino di ascolto, fino a diventare un punto di riferimento anche nazionale per un segmento della popolazione, sta nell’approccio alle notizie. “Affrontiamo anche argomenti che, in un primo momento, possono sembrare di scarso interesse alle persone del movimento”, racconta Michele. L’approccio critico e analitico a qualunque tema e il confronto col pubblico, costituiscono il marchio di fabbrica che rende appetibile l’emittente e la sua comunicazione.

Radio Onda D’Urto affronta le sfide del futuro con lo stesso spirito delle origini. Nel nostro Paese le piccole realtà indipendenti sembrano essere penalizzate in favore di grandi network commerciali. Negli ultimi anni, in particolare, si è registrato un fenomeno di concentrazione del potere, con grandi gruppi che hanno fagocitato le piccole emittenti territoriali. Al contempo, un altro motivo di incertezza è rappresentato dalla transizione dall’analogico al digitale che, dopo aver coinvolto le televisioni, dovrebbe interessare anche le emittenti radiofoniche.
“Sono sfide che non ci spaventano – conclude Michele – perché sappiamo di avere dalla nostra parte tantissimi volontari pronti a mettersi a disposizione”.