Dopo la battaglia sull’hub di via Mattei dei giorni scorsi, oggi in Città Metropolitana si è tenuto il tavolo di salvaguardia per l’occupazione dei 35 operatori della struttura. Il destino dei lavoratori è legata al destino di tutto il sistema dell’accoglienza ed è nelle mani di Prefettura o Viminale: se vorranno distruggerlo, i posti di lavoro a saltare potrebbero essere centinaia.

Accoglienza : Che ne sarà dell’Hub di Via Mattei?

Dopo le cannonate del ministro degli Interni Matteo Salvini al sistema dell’accoglienza bolognese, che ha portato nei giorni scorsi ad una mobilitazione contro il trasferimento coatto dei richiedenti asilo ospitati nell’hub di via Mattei , questa mattina si è tenuto presso la Città Metropolitana il tavolo di salvaguardia per i 35 operatori della struttura che, con la sua chiusura, rischiano di perdere il posto.
Martedì, infatti, è stata scongiurata la deportazione di massa degli ospiti, ma l’hub è stato chiuso, con il ricollocamento dei migranti in altre stutture dell’Emilia Romagna. Gli operatori, quindi, si sono ritrovati senza lavoro.

All’incontro hanno partecipato l’Amministrazione comunale e i sindacati, mentre le cooperative del consorzio che gestiva l’hub hanno tenuto un analogo incontro successivamente.
“L’obiettivo è quello di mettere intorno a un tavolo tutte le parti interessate entro domani, o al massimo lunedì”, racconta ai nostri microfoni Fabio Perretta di Usb”.
Le ipotesi che sono state messe sul tavolo per non far perdere il posto di lavoro ai 35 operatori del Mattei sono sostanzialmente due: o il ricollocamento all’interno del consorzio cooperativo o l’accesso ad ammortizzatori sociali. In particolare, all’incontro sono stati evocati sia il Fis (Fondo Integrazione Salariale) a disposizione del sistema cooperativo, che però è un fondo ad esaurimento, sia la cassa integrazione in deroga.

“Ai prossimi incontri vorremmo fossero presenti anche la Regione, che è titolata a discutere su altre forme di ammortizzatori sociali, e la Prefettura, per conoscere quale piano organico ha sull’accoglienza”, continua il sindacalista.
Quest’ultimo è stato il tema principale, evocato anche dall’Amministrazione comunale. Il 30 giugno, infatti, scadranno le proroghe per la gestione degli altri centri di accoglienza presenti su tutto il territorio provinciale. La proroga della gestione, in realtà, era stata resa necessaria dalla scelta delle cooperative di disertare i nuovi bandi a causa delle condizioni peggiorative stabilite dalla legge Salvini.

Se la Prefettura e il Viminale continueranno su questa strada gli effetti che si potrebbero produrre sono due. Il primo è che a rischiare di perdere il lavoro non saranno solo i 35 operatori del Mattei, ma centinaia di lavoratori dell’accoglienza diffusa (si parla di 500 posti secondo Usb).
Il secondo effetto è il sostanziale abbandono del modello dell’accoglienza diffusa sul territorio, in favore di centri più grandi, con una più alta concentrazione di richiedenti asilo.
“È un tema che in Italia riguarda 20mila posti di lavoro – sottolinea Perretta – È impensabile che il Ministero non abbia un piano organico su questo tema”.

Ieri il ministro dell’Interno aveva commentato la chiusura dell’hub come una vittoria, paragonando la struttura ad una stalla e motivando la mossa come un contrasto ai grandi centri. In realtà, che l’hub necessitasse di lavori di ristrutturazione e andasse almeno provvisoriamente chiuso era convinzione di tutti, nessuno si batteva affinché restasse aperto. Le proteste dei giorni scorsi, infatti, riguardavano le tempistiche e le modalità brutali e unilaterali decise dal Viminale e dalla Prefettura di Bologna.
A Salvini hanno risposto, in un comunicato congiunto, una ventina di realtà, tra sindacati, associazioni antirazziste, religiose e giuristi. Nel documento vengono rivolte sette domande al ministro, richiamandolo alle sue responsabilità: il Mattei era una struttura in carico allo Stato e se le condizioni igienico-sanitarie erano pessime, la responsabilità va attribuita ad una mancata vigilanza dello Stato Stesso.
Contrariamente a quanto affermato dal ministro, infine, l‘accoglienza che si va designando con la sua legge prevede la creazione di casermoni, grossi centri che hanno già aizzato il fuoco delle tensioni in vari territori.

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