Cinque giorni di incontri, dibattiti, tavole rotonde e interviste, proiezioni di documentari al Festival del Giornalismo Internazionale 2013. Protagonisti e speakers sono arrivati da tutto il mondo per dare il proprio contributo. Centrale il tema del giornalismo mediatico, affrontato e analizzato in ogni suo aspetto.

Non si tratta più di una conciliazione tra carta stampata e web. Si tratta di puntare alla grande potenza mediatica del giornalismo online che con tutti i suoi limiti e tutte le sue grandi innovazioni ha invaso la nostra quotidianità incoraggiando una crescita, culturale e sociale, non indifferente. È questa la vera rivoluzione annunciata dal Festival del Giornalismo Internazionale 2013, tenutosi a Perugia dal 24 al 28 Aprile. Il web journalism si sta evolvendo più rapidamente di quanto si possa percepire: il dibattito al Festival ha riunito esperti giornalisti provenienti da tutto il mondo allo scopo di costruire una riflessione profonda e consapevole sul cambiamento generato da Internet nel campo dell’informazione, analizzando i suoi aspetti più positivi e le sue contraddizioni.

La notizia viaggia sul nuovo e competitivo supporto della piattaforma multimediale, superando la ristretta cerchia elitaria della stampa tradizionale che, sulla base degli ultimi dati, è destinata a morire molto presto. È il diritto all’informazione che allarga i suoi presupposti a macchia d’olio con lo scopo di potenziare il diritto di accesso migliorando l’indipendenza e l’incisività del giornalismo. Tutto questo sembra però avere un prezzo, forse troppo alto. La notizia è infatti diventata un businnes, cavalca l’onda da una nuova prospettiva, malleabile e incline a una dimensione delirante di informazioni, tanto valide quanto dubbie.

La velocità messa in atto dai media è tale da penalizzare il principio base di ogni forma di giornalismo: la verifica delle fonti. Il problema dell’attendibilità è diventato cruciale con l’ascesa del giornalismo mediatico: “La moltiplicazione esponenziale delle notizie di tutti i tipi, spesso di carattere propagandistico o di tipo sovversivo, fa sì che gli utenti non siano in grado di verificare le fonti e la veridicità delle notizie trasmesse”, afferma Anna Piras, giornalista parlamentare Rai. Non bisogna abdicare, secondo la Piras, al fascino del twitt: “Non bisogna utilizzare queste piattaforme per la sola auto-promozione minimizzando il potenziale dei social media”, continua la giornalista parlamentare della RAI. Le Agenzie di stampa, in questo senso, hanno un ruolo fondamentale, ovvero controllare la verosimilità delle notizie che si trovano in rete.

Oggi conta la trasparenza del resoconto e non la testimonianza del giornalista? Va detto che i giornalisti sono scesi dal piedistallo, sono più vicini al loro pubblico. Viviamo in un mondo inondato di informazioni e le competenze giornalistiche sono sempre più necessarie. I professionisti svolgono un ruolo fondamentale nel plasmare il dibattito pubblico. Autentico contro autorevole: il pubblico vuole delle fonti di informazioni di cui fidarsi. La tecnologia è cambiata nell’ambito del giornalismo partecipativo. Si osserva un contributo più forte da parte dei cittadini, di verifica e di disciplina. Alcuni ingredienti fondamentali comunque rimangono: precisione, apertura e trasparenza sui social media. Il pubblico vuole il meglio e lo vuole il più veloce possibile. Invece in Italia sono due concetti diversi: ciò che è autorevole non è necessariamente autentico, la percezione di tutto ciò è diversa. Per la maggioranza degli italiani sono l’uno l’opposto dell’atro, ciò che afferma la stampa tradizionale è ovviamente più autorevole ma non per questo autentico: “ Le informazioni devono essere affidabili. Tutto deve essere concluso nel segno della coerenza. È in corso una trasformazione culturale. I proprietari dei giornali e delle televisioni sono separati totalmente da quello che sta accadendo in questo mondo digitale. Ritengo che in Italia ci sia divario tra autorevole ed autentico sempre più pericoloso”, afferma Turi Munthe, fondatore di Demotix.

Esemplificativo il questo senso il caso Marò, su cui si è discusso molto. La stampa nazionale non è stata in grado di gestire la questione, partendo dal presupposto che i due Marò fossero innocenti prima che venissero fatte le opportune verifiche: “La stampa italiana di destra ha strumentalizzato il caso, per un vantaggio in campagna elettorale. Abbiamo sbagliato tutto come media e come governo, non abbiamo dato il giusto peso alla questione, mettendo così in pericolo i protagonisti di questa storia”, commenta Gianni Riotta, inviato de La Stampa.

In conclusione il web ci rende liberi? Non possiamo saperlo, la tecnologia è una forma motrice ma non un mezzo. Tendiamo a sopravvalutare i suoi effetti a breve termine. Essa trasforma le nostre esistenze e continuerà a farlo. Il web è il luogo della nostra modernità, la piazza dove ci incontriamo. La tecnologia non è buona, né cattiva, né neutrale ma è diventato il luogo della libera espressione. Siamo noi a dominare il web, non viceversa, per questo è necessario rendere questo cambiamento un occasione di crescita e non di regressione, all’insegna di un informazione libera e democratica, per tutti e di tutti.

Alessandra Caputo