Con il 99,9% dei voti a favore i soci di Hera approvano la fusione delle due multiutility. Il sindaco di Imola: “Serviva per restare nel mercato”. Il presidente Tommasi: “No al taglio degli stipendi dei manager”. La replica dei comitati per l’acqua pubblica.

Gli azionisti di Hera hanno approvato in via definitiva la discussa fusione con Acegas. In un’assemblea tenutati questa mattina al Cnr, l’operazione finanziaria è stata votata dal 99,9% dei soci. Si chiude così una vicenda che ha fatto traballare le maggioranze comunali di mezza regione.

Nel corso dell’assemblea è intervenuto il sindaco di Imola e presidente del Patto di Sindacato di Hera, Daniele Manca, che ha sottolineato come la fusione sia stata un atto importante per evitare che la società venisse spazzata via dal mercato. Parole che trovano la ferma opposizione del Comitato Acqua Bene Comune, contrario alla fusione. “Manca si dimentica – osserva il portavoce Andrea Caselli – che acqua e rifiuti non hanno alcun mercato, ma sono servizi erogati in un regime di naturale monopolio”. I referendari sostengono quindi che le dichiarazioni del sindaco di Imola rispondano ad un’idea di privatizzazione dei servizi ambientali.

Altro capitolo connesso alla fusione è quello degli stipendi dei manager. In alcuni Comuni della Regione, che pure hanno votato a favore della delibera, è stato chiesto di tagliare i compensi per il management. A replicare loro è stato direttamente Tomaso Tommasi di Vignano, presidente Hera, che ha risposto picche. Gli stipendi dei manager rimarranno così, ha spiegato Tommasi, perché “c’é anche un problema di tutela delle risorse rispetto al mercato: va garantito che l’azienda sia competitiva e capace di prendere e mantenere le risorse migliori”.
“Tommasi ci ha detto – commenta Caselli – che non lavora per meno di mezzo milione di euro l’anno per un servizio pubblico”.

Secondo i comitati, però, la battaglia è tutt’altro che chiusa. L’accesa discussione sulla fusione della multiutility ha infatti trovato contrari diversi Comuni della Regione, tra cui Rimini e Forlì, ed ha aperto la discussione su una diversa gestione dei servizi ambientali. “A questo punto il nuovo e inaspettato scenario – conclude Caselli – ci fa dire che un cambiamento non solo è ipotizzabile, ma è possibile”.