Dopo le richieste dei consiglieri La Torre ed Errani, l’assessore Matteo Lepore propone un tavolo tra Comune, cooperative sociali e sindacati per superare la logica del massimo ribasso nel welfare, alla base dei problemi in appalti recenti. Errani: “Oltre alla coprogettazione occorre seguire logiche diverse nell’assegnazione dei punteggi”.

Bologna tenta di cambiare strada sul tema delle gare d’appalto al massimo ribasso, che tanti problemi hanno creato nel passato, anche recente, sulla qualità dei servizi e sui diritti dei lavoratori.
Quello che fino ad oggi è sembrato al tempo stesso un dogma ed un diktat sul valore dell’economicità della spesa comunale, comincia ad essere messo in discussione anche da Palazzo D’Accursio, proprio in virtù dei problemi che esso ha generato in un settore delicato come il welfare, come dimostra il caso del dormitorio Rostom.

È per questo che i consiglieri comunali Cathy La Torre (Sel) e Francesco Errani (Pd) avevano chiesto una commissione per discutere del tema, nel corso della quale l’assessore Matteo Lepore ha proposto la creazione di un tavolo, attorno al quale far sedere Amministrazione, cooperative sociali e sindacati, per co-progettare – sulla scia dell’esperienza di Case Zanardi – i bandi per i servizi socio-educativi e socio-assistenziali.
“Sono soddisfatto – commenta ai nostri microfoni Errani – Il welfare non è un pezzo di mercato da conquistare e la qualità dei servizi e del lavoro sono importanti”.

Il consigliere, però, sottolinea che il tavolo di co-progettazione è solo il primo passo di un processo che non può non tenere conto della composizione dei punteggi nei capitolati d’appalto.
“Noi abbiamo situazioni in cui per lo stesso servizio il Comune di Bologna premiava con 20 punti un 2% di risparmio sulla spesa, mentre il Quartiere Borgo Panigale ne assegnava solo 2”, osserva Errani, per il quale molto può essere fatto a livello tecnico per impedire le storture del massimo ribasso.

A rafforzare la posizione di chi ritiene che il welfare non possa essere oggetto di spending review ci sono altri due elementi. Da un lato l’esperienza del Comune di Brescia, che per primo in Italia ha escluso il welfare dalle logiche del massimo ribasso. A tal proposito l’assessore bolognese Amelia Frascaroli incontrerà il suo omologo bresciano, Felice Scalvini, il prossimo 5 marzo.
Dall’altro c’è una direttiva europea del febbraio 2014, da adottare entro due anni anche in Italia, che dispone come, una volta definito il costo di una prestazione, l’Amministrazione possa premiare solo gli aspetti qualitativi.

In tempi di crisi economica, difficoltà dei Comuni nel far quadrare i bilanci e di spending review, la scelta di non assoggettare il welfare al risparmio della spesa è sostenibile? Francesco Errani è convinto di sì: “È un vantaggio economico. Faccio un esempio: mantenere nove minori in una comunità costa 400mila euro all’anno. Con la stessa cifra si può finanziare un progetto di educativa di strada che previene il disagio e che raggiunge 300 ragazzi”. Il consigliere, infine, sostiene che proprio in periodi di crisi il welfare andrebbe incrementato e questo è possibile se i Comuni stabiliscono le proprie priorità, sulle quali mantenere gli investimenti, e tagliando invece in altri capitoli.