E’ allarme per il dissesto idrogeologico in Emilia-Romagna. Il Presidente dell’Ordine dei Geologi, Gabriele Cesari, si è recato questa mattina a Silla, in territorio di Gaggio Montano, per monitorare la frana in atto. “Bisogna spezzare la logica dell’intervento dopo il danno” dice ai nostri microfoni.

Questa mattina il Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’EMilia Romagna, Gabriele Cesari, si è recato in territorio di Gaggio Montano, sull’Appennino Bolognese, per un sopralluogo sulle due frane in atto nella località. La frana Montecchi-Silla coinvolge i terreni argillosi di un’ampia porzione di territorio e minaccia l’insediamento industriale sottostante costruito negli anni ’70 sul piede della frana stessa: nella parte alta del versante il terreno si muove con una velocità di qualche metro ogni mese. La frana Muiavacca interessa l’abitato di Silla Vecchia e le aree di espansione urbanistica limitrofe e si è riattivata più volte negli ultimi anni

Ma il problema non riguarda soltanto Gaggio Montano, sono ben 70mila le frane cartografate che fanno dell’Emilia-Romagna la regione italiana più colpita dal dissesto idrogeologico. Lo scorso anno il dissesto ha colpito principalmente la parte occidentale dei nostri Appennini, quest’anno invece è diffuso su più province con il 30% del territorio collinare e montuoso regionale interessato da smottamenti. Solo nell’ultima primavera la Regione ha raccolto quasi 1.700 segnalazioni di frane, ed il Servizio Tecnico Bacino Reno nell’ultimo mese ne ha visionate oltre una cinquantina.

Risulta evidente come il cambiamento climatico in atto, con precipitazioni fuori controllo quanto a concentrazione delle precipitazioni  si sia saldato ad una pianificazione sciagurata dell’intervento umano sul territorio. Consumo di suolo e mancanza di prevenzione e manutenzione hanno portato alla riattivazione di situazioni di rischio finora “quiescienti”.

Lo sfruttamento fuori controllo del territorio (8 ettari al giorno in media nell’ultimo decennio) è una delle cause principali delle frane e va combattuto. Occorre superare la logica facile e comoda: evento calamitoso – dichiarazione emergenza – fondi per ripristino danni. Pensare quindi a risarcimenti proporzionali ai fondi realmente spesi per prevenzione e manutenzione dei territori. In questo senso è auspicabile che i fondi per il dissesto idrogeologico siano esclusi dai vincoli del patto di stabilità e che immediatamente dopo vengano emanate le disposizioni attuative necessarie alla realizzazione degli interventi e degli studi di prevenzione” dichiara Cesari.