Il Comune vuole completare la privatizzazione delle farmacie comunali cominciato nel 1997 dalla giunta Vitali. Palazzo D’Accursio detiene ancora il 15% delle azioni della società Afm, che verrà messo sul mercato. Ogni anno le farmacie fruttano all’Amministrazione 300mila euro. Contraria Usb: “Prima il regalo ai privati e ora la vendita dei gioielli di famiglia, ma il pubblico potrebbe garantire prodotti calmierati, educazione alla salute e prevenzione”.

Tutto è cominciato vent’anni fa, nel 1997, quando la giunta presieduta da Walter Vitali mise sul mercato le farmacie comunali. Un percorso di privatizzazione che non venne completato, poiché il Comune ha continuato e, pare per poco, continua a detenere il 15% delle quote della società Afm, mentre la maggioranza (80%) è nelle mani dei privati di Admenta.
Ieri, però, in commissione consigliare la dirigente della Segreteria generale di Palazzo D’Accursio, Lara Bonfiglioli, ha fatto sapere i propositi del Comune: arrivare alla privatizzazione completa entro l’estate.

La road map che porterà Palazzo D’Accursio a “liberarsi” completamente delle quote delle farmacie comunali, che ogni anno fruttano 300mila euro di dividendi al Comune, passa per una valutazione della quota azionaria da mettere sul mercato, che dovrebbe concludersi entro gennaio. In quel momento verrà indetta un’asta pubblica per la vendita delle azioni, al termine della quale il socio privato potrà far valere il suo diritto di prelazione.
Afm, la società comunale, fattura ogni anno 170 milioni di euro e genera un utile netto di 3,5 milioni di euro.

Completamente contraria all’operazione è Usb, che ieri in una nota ha commentato le mosse del Comune. “Siamo di fronte al triste epilogo di una vicenda che ha visto lo smantellamento delle farmacie comunali bolognesi, ora siamo al totale disimpegno dell’amministrazione locale”, sottolinea il sindacato di base. “Di fronte al dato delle crescenti difficoltà dei settori popolari nell’accedere a cure e farmaci sarebbero altre le scelte da fare, siamo di fronte alla ritrita logica delle privatizzazioni come valore assoluto a prescindere da valori sociali e dati economici”.
Bologna avrebbe bisogno di un servizio farmaceutico capace di garantire prodotti calmierati – spiega Luigi Marinelli di Usb – educazione alla salute e prevenzione, garantendo diritti e condizioni di lavoro di qualità per i dipendenti, mentre con al conferma di questa decisione il Comune di Bologna si nega un ruolo che dovrebbe essere proprio di ogni istituzione pubblica”.

Ma a fare arrabbiare il sindacato è anche la ragione che ha portato allo stop della privatizzazione. La decisione di dismettere la restante quota delle farmacie comunali, infatti era già stata presa nel 2015, ma il percorso era rimasto al palo a causa di una norma nazionale che imponeva una partecipazione pubblica per consentire alle società di gestire più di quattro farmacie sul territorio. Norma che ora è stata rimossa, ma che per Usb è stata un grande regalo ai profitti dei privati, in particolare della multinazionale che gestisce le farmacie di Bologna.

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