L’Italia appoggia la missione bellica in Mali e si deve confrontare con i difetti di fabbricazione degli F35, i cacciabombardieri su cui il governo investe miliardi di euro. La guerra e gli armamenti irrompono nella campagna elettorale e tentano di rompere il silenzio sui contenuti.

La notizia è rimbalzata dal Sunday Telegraph e ha rotto la campana di vetro del dibattito elettorale italiano: i famosi F35, i cacciabombardieri al centro di polemiche nel nostro Paese per l’ingente spesa affrontata dallo Stato in un momento di crisi, presentano pericolosi difetti di fabbricazione. In particolare potrebbero prendere fuoco e addirittura esplodere se colpiti da un fulmine.

“Meglio tardi che mai – commenta Maso Notarianni, già direttore di PeaceReporter – da almeno due anni abbiamo sollevato l’attenzione sui problemi che gli F35 presentano e che non sono solo quelli legati ai fulmini”. I cacciabombardieri, infatti, hanno anche problemi di compatibilità con le portaerei su cui dovrebbero stare e fragilità dei sistemi di software che li rendono facilmente manipolabili.
Tutte questioni, insomma, che dovrebbero dissuadere l’Italia dal suo programma di acquisto, così come è successo per altri Paesi, ultimo dei quali il Canada.

“Spiace soltanto – osserva Notarianni – che se mai si tornerà indietro, sarà per una questione tecnica e non per valutazioni politiche circa l’utilità e l’opportunità della corsa agli armamenti”.
Il giornalista, inoltre, spiega come le motivazioni addotte per giustificare l’acquisto, e cioè l’impossibilità di rescindere i contratti già firmati, non siano vere: “Le questioni tecniche sono complesse, ma per semplificare si può considerare il diritto di recesso e la garanzia di due anni che i cittadini conoscono per gli elettrodomestici che acquistano e che è garantita dall’Unione Europea anche per le forniture materiali”.

A giudicare dagli ultimi atti del governo, però, la direzione imboccata sembra andare in senso contrario. Ultimo in ordine di tempo l’appoggio alla missione bellica francese in Mali.
“Non sono sorpreso: il ministro della Difesa è un generale e dunque il governo è politico, non tecnico – sottolinea Notarianni – L’Italia entra in una guerra che non si sa nemmeno come cominci, data situazione molto confusa, e che sicuramente non si sa come finisca, dato lo scenario in quella zona dell’Africa”.
Non a caso l’Egitto proprio ieri si è tirato fuori, ammonendo sulle conseguenze di un conflitto, che porteranno al rafforzamento di quelle componenti che si vogliono combattere.

F35 e Mali, però, possono essere due argomenti validi per rompere il silenzio su questi temi nella campagna elettorale italiana. “In Italia sembra che non si parli di un argomento se non viene sollevato da un giornale straniero – lamenta il giornalista – Mi auguro che ora se ne parli, anche se la classe politica attuale non mi lascia buone speranze”.