Il ministro degli Interni Matteo Salvini continua a lanciare strali contro i “clandestini”, promettendo espulsioni di massa. Ma a generare un numero abnorme di irregolari e ad impedire le espulsioni veramente necessarie sono i meccanismi della legge Bossi-Fini, targata Lega. L’analisi di Gianfranco Schiavone dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione.

Dice il proverbio “chi è causa del suo mal pianga se stesso”. Ma più che piangere, il neo-ministro degli Interni Matteo Salvini continua ad urlare. Eppure la campagna elettorale è finita e le promesse fatte, tra cui spicca un piano di espulsioni di massa di migranti irregolari, che il leader leghista si ostina a chiamare “clandestini”, ora dovrebbero essere attuate.
Se le parole sono importanti, quel “con calma” pronunciato dallo stesso Salvini tre giorni fa, quando affermava che gli irregolari se ne devono andare, ha tutto il sapore di un primo confronto con la realtà, che è molto diversa dalla rappresentazione fatta in campagna elettorale.

L’ironia della sorte, però, vuole che a generare il “problema” dell’alto numero di irregolari, al punto da rendere complicate o addirittura inattuabili le espulsioni, sia la legge che porta il marchio leghista, la famosa Bossi-Fini.
Ne è convinto Gianfranco Schiavone dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (Asgi), che fa una fotografia della situazione prodotta dall’entrata in vigore della legge sull’immigrazione.
“La normativa vigente è restittiva e draconiana – osserva Schiavone – E soprattutto genera un alto numero di irregolari per come è strutturata”.

In particolare, la totale chiusura dei canali di ingresso regolari, le norme stringenti per il rinnovo del permesso di soggiorno e l’impossibilità di tornare ad essere regolari una volta scivolati nell’irregolarità, ad esempio a causa della perdita del lavoro, sono elementi che producono un grande numero di irregolari.
Se la normativa fosse meno rigida, molti migranti potrebbero essere assorbiti nel tessuto sociale, riducendo il numero degli irregolari e permettendo che le espulsioni colpiscano veramente chi è pericoloso socialmente.

“Le espulsioni sono diventate impossibili proprio perché sarebbero in numero spropositato – continua l’esponente dell’Asgi – e sarebbero rivolte a persone che non presentano elementi di pericolosità sociale”.
Così facendo si rischia di equiparare chi ruba una mela o perde il lavoro a chi commette un omicidio. E il caos generato rende difficoltoso anche espellere quest’ultimo.
La soluzione, dunque, passa attraverso la modifica della legislazione vigente, in modo da aprire i canali di ingresso regolare o di impedire che, a causa della perdita del lavoro, i migranti scivolino nell’irregolarità senza potervi più riemergere.

“L’idea del ministro Salvini, però, sembra essere molto distante – osserva Schiavone – e ciò che ci dobbiamo aspettare sono operazioni simboliche, operazioni ‘manifesto’, come retate ed espulsioni una tantum per dare all’opinione pubblica l’idea che si stia facendo qualcosa“. Un po’ come avvenne a Ventimiglia, quando il Viminale ordinò il rastrellamento e l’espulsione di migranti, poi imbarcati su voli della compagnia aerea delle Poste. A distanza di anni e nonostante quelle operazioni, la situazione di Ventimiglia non è affatto cambiata.

Lo stesso discorso vale per la detenzione amministrativa, che in Italia, dal 1998 con la legge Turco-Napolitano e successivi interventi, si è tradotta nei Cpt, Cie e ora Cpr.
“La detenzione amministrativa è stata messa in discussione molte volte, la normativa è cambiata spesso perché ci sono state pronunce della Corte costituzionale che ha ritenuto illegittime molte delle disposizioni – ricorda Schiavone – Noi riteniamo che l’intero impianto sia viziato da seri profili di illegittimità, proprio perché mancano principi di proporzionalità e ragionevolezza, perché non c’è un’adeguata tutela giurisdizionale e la materia di cui parliamo riguarda diritti fondamentali, come la libertà personale”.

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