La lunga storia del collettivo dei prigionieri e il suo cambiamento di strategia dalla lotta armata alla politica. Ancora oggi, nonostante le mani tese al dialogo della sinistra indipendentista, i governi spagnolo e francese rimangono sordi. Intanto ancora sono diversi gli episodi di violazione di diritti umani nelle carceri.

EPPK a Bologna

Dopo alcuni anni di detenzione Mikel e Kandido hanno scontato la loro pena. Loro da sempre membri del Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi (Eppk) hanno iniziato a raccogliere la solidarietà internazionale dei gruppi politici che condividono la loro causa.

Importante sembra essere l’appoggio internazionale per la questione basca in questo periodo: dopo un fitto dibattito politico la sinistra indipendentista e le sue varie realtà politiche hanno deciso di mettere da parte definitivamente la lotta armata per poter portare avanti un percorso politico pacifico, mantenendo però gli obiettivi di indipendenza e socialismo nei Paesi Baschi.

A questo intenso dibattito politico sul cambio di strategia ha partecipato anche il Collettivo dei Prigionieri Politici Baschi, con le grandi difficoltà derivate dalle condizioni di detenzione. Mentre fino a poco tempo fa il Governo Spagnolo deteneva tutti i prigionieri politici nella stessa struttura carceraria (dove spesso sono stati registrati episodi di violazione dei diritti umani, al punto da essere definito “Carcere di sterminio”), negli anni successivi si è deciso di disperdere i vari detenuti all’interno di diverse strutture carcerarie.

Tutti i prigionieri politici baschi si trovano ad almeno cento chilometri dal loro luogo di origine e nelle moderne carceri si è deciso di gestire la detenzione per moduli separati. In pratica nessun contatto possibile per i detenuti politici, né con l’esterno, né tra loro. Per ragioni di sicurezza sono stati anche negati i momenti ricreativi e la possibilità di accesso agli spazi comuni di socialità all’interno delle strutture, ovvimente proibita l’ora d’aria.

Inoltre tramite una provvedimento legislativo retroattivo, la Dottrina Parot, a molti detenuti sono stati cancellati gli sconti della pena accumulati negli anni per buona condotta. “Il nostro collettivo non è formato soltanto da ex militanti o militanti di ETA. Ci sono molti detenuti politici che per le leggi antiterrorismo del governo versano in queste condizioni essendo accusati di collaborazionismo: gionalisti, affiliati politici di realtà di movimento o di associazioni che spesso non hanno portato avanti la lotta armata – ci spiega Kandido, ex dentenuto, in libertà da un anno e mezzo dopo 22 anni di detenzione – puntano all’isolamento personale e politico. Ma il collettivo oggi è più attivo che mai”.

Infatti tutti gli indipendentisti e socialisti baschi aspettano il 20 marzo, data in cui il Tribunale dei Diritti Umani di Strasburgo emetterà la sentenza definitiva su un ricorso presentato da Ines Del Rio che riguarda proprio la Dottrina Parot e la sua retroattività, che ha cancellato gli sconti di pena a moltissimi detenuti.

“Noi come Euskerl Herria abbiamo deciso di tendere una mano alle istituzioni per un dibattito e un confronto strutturato di cui proponiamo non solamente le tematiche ma anche la metodologia di confronto. Ma questo al Governo spagnolo non conviene: finché c’era la lotta armata le istituzioni potevano negarci i tavoli di trattativa ma adesso perché sottrarsi? – continua Mikel – semplicemente perché il 70% del Parlamento basco è fatto di indipendetisti, perché è un tema sentito dalla popolazione e perché di fronte a qualsiasi trattativa la soluzione da applicare a questo problema sarebbe quella che noi proponiamo. Ma il momento per agire è buono: Catalogna e Scozia hanno ricominciato a parlare di autoderminazione e in Europa ricomincia a essere un tema sentito. Per questo mai come adesso abbiamo bisogno di realtà internazionali che appoggino la nostra causa”.