Mentre il ministro Alfano continua a invocare l’intervento dell’Europa, basta guardare i dati per capire che paesi come Germania o Francia devono far fronte ogni anno a un numero di gran lunga maggiore di ingressi. Certo è che il meccanismo dell’emergenza garantisce guadagni immediati a chi organizza l’accoglienza, senza passare da appalti e valutazioni.

In questi giorni sembra che l’arrivo di migranti sul nostro territorio abbia proporzioni bibliche. Se negli anni scorsi i disperati sulle carrette del mare si contavano a decine, oggi ci si trova quotidianamente a contarne a migliaia. In quello che sembra un esodo senza fine, va considerato l’ingresso di una nuova variabile nel panorama del complesso meccanismo della migrazione: l’operazione Mare Nostrum. Quelle migliaia di persone, che gonfiano i caratteri dei titoli dei giornali, altro non sono che il prodotto logico dell’operazione. Come ci spiega Claudio Lombardo, responsabile politiche dell’immigrazione di Arci Sicilia, le navi di Mare Nostrum, battono la rotta a sud di Lampedusa e raccolgono migranti sino a che non sono piene. Solo allora tornano in porto. In sostanza chi scende su un porto siciliano oggi, potrebbe essere in mare da 15 giorni. “Quest’anno, è vero, -riconosce Lombardo- il flusso è superiore, probabilmente raggiungerà le 100.000 unità, ma non è più alto di quello che raggiunge gli altri Paesi d’Europa.”

In Italia -attacca Lombardo- si parla di emergenza perchè questo permette di fare operazioni economicamente molto discutibili. In “emergenza” i migranti sono sistemati in condizioni precarie e improvvisate, mentre gli SPRAR ( gli alloggi SPRAR, acronimo di Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati, ndr) sono pieni a metà: su 20.000 posti disponibili, soltanto 11.000 sono occupati.”

Una storia di cattiva gestione logistica della faccenda, verrebbe da dire, se non fosse che quei 9.000 posti, spiega Lombardo, sono pagati dallo Stato. Il paradosso è che 9.000 persone “sono accolte nei CAS. Lo Stato Italiano -precisa il responsabile immigrazione dell’Arci- paga due volte per la stessa persona, ospitata in strutture d’emergenza che non hanno un livello minimo di standard d’accoglienza.

“Nel Comune di Sutera, noi abbiamo fatto una scelta d’accoglienza che rifiuta i centri collettivi. Il sistema è quello che prevede una famiglia in una casa.” spiega Lombardo. Una scelta che evidentemente aiuta l’integrazione, l’assistenza e ricrea nuclei famigliari più facili da inserire nelle comunità locali. E, soprattutto, è già saldata. “Un centro collettivo mi sarebbe costato molto meno -continua- se avessi voluto guadagnarci, ci avrei guadagnato molto di più.”

Ma allora perchè scegliere centri collettivi, dove non sono assicurate assistenza, consulenza e protezione, e non utilizzare sistemazioni come quelle individuate, e già pagate dallo Stato, all’interno del Sistema Sprar?

La risposta è semplice. Il meccanismo emergenziale salta ogni tipo di appalto, ogni presentazione di progetto e ogni valutazione dello stesso. “E’ un business, che vede protagonisti i soliti personaggi, anche con la complicità e la benevolenza di pezzi dell’apparato del Ministero degli Interni e delle grandi centrali cooperative. Se andiamo a vedere i nomi coinvolti, sono sempre gli stessi: e’ una sorta di sistema di scatole cinesi. Il centro di Mineo, per fare un esempio -conclude Lombardo- è una struttura d’accoglienza/mostro da 4.000 posti gestito da un consorzio. Le cooperative che lo compongono fanno riferimento in parte a LegaCoop, in parte a FederSolidarietà e in parte all’Unione delle Cooperative.”