“Educare ad educare al genere”. È il senso del percorso rivolto agli insegnanti delle Aldrovandi-Rubbiani portato avanti da “Progetto Alice” e “Maschile Plurale”. La violenza contro le donne si contrasta fin dalla scuola.

L’educazione al genere come strumento per combattere la violenza sulle donne ed impedire nuove disuguaglianze nel mondo del lavoro e in termini di genitorialità. Fin dalla prima adolescenza, nel momento in cui più evidentemente si formano le identità del maschile e del femminile è il momento di parlare, confrontarsi, riflettere sul “genere” e il suo significato. Per stabilire una relazione corretta fra i sessi, per pluralizzare i modelli di femminilità e mascolinità, trovando il proprio io, oltre un’identificazione, o l’inseguimento impossibile del canone offerto dalla cultura mainstream. Con questi obiettivi le associazioni “Il progetto Alice”  e “Maschile Plurale” hanno lavorato per un anno con gli insegnanti dell’istituto Aldrovandi –Rubiani, chiedendo loro cosa significhi pensare il proprio ruolo come processo di educazione al genere, sotto il profilo teorico, pedagogico ed educativo. Un modo per  iniziare a sottrarre ai media il ruolo, in gran parte  improprio, di agenzie formative sempre più cruciali per ragazzi e adolescenti.

Una cassetta degli attrezzi con cui restituire centralità alle insegnanti, cui è affidata la formazione globale dell’individuo. Non solo saperi da impartire e competenze da verificare, ma il difficile compito di formare gli uomini e le donne di domani, interpretando la relazione con studenti e studentesse anche sotto il profilo del genere.  “Genere” inteso come desiderio e non come destino, per diventare quello che  desiderano e non quello che la società si aspetta da loro.

Ma un’indagine sul genere entro l’istituzione scolastica arriva anche a scardinare gerarchie vecchie di secoli. Nell’attivare questo processo si è infatti costretti a rivedere i curricula, integrandoli con quei saperi tradizionalmente considerati come marginali, la storia delle donne o le minoranze etniche, per trarre dalla memoria gli elementi decisivi per comprendere la contemporaneità.

Come afferma Giulia Selmi, dell’associazione “Progetto Alice” si è tentato di educare gli insegnanti ad educare, affinché possano offrire a ragazzi e ragazze gli strumenti per scrivere liberamente il proprio sé, in termini di identità, genere e sessualità. Nel momento in cui i ragazzi sono portati a confrontarsi con la relazione, la sessualità, la violenza e l’intercultura, in quella micro società che è la scuola, gli insegnanti non possono chiudersi nel sapere asettico della loro disciplina, abbandonando ragazzi e ragazze alle asprezze della vita.

Angelica Erta