Newlat Group, l’azienda che ha rilevato lo storico pastificio di via Corticella ha intenzione di chiudere lo stabilimento. I 46 dipendenti sono destinati al trasferimento in altre sedi del gruppo in tutta Italia. Attraverso scioperi e mobilitazioni i lavoratori cercano di far sentire la loro voce.

Tensione e sconforto. Questo il clima fra i 46 dipendenti dello storico pastificio bolognese di via Corticella. L’incontro con i vertici di Newlat Group, l’azienda che ha rilevato il pastificio e che ha intenzione di chiudere lo stabilimento, è slittato al 28 ottobre.
I lavoratori riuniti in assemblea mercoledì 19 ottobre hanno deciso di riaggiornarsi a venerdì prossimo, per valutare la necessità di forme di protesta più risolute contro le decisioni aziendali. E’ da settembre che i dipendenti cercano di far sentire la loro voce attraverso scioperi e mobilitazioni, in risposta alle politiche del gruppo.
Quando nel 2007 Newlat Group assorbì la Corticella, venne siglato un accordo che prevedeva la riduzione del personale e, in un secondo momento, la chiusura del vecchio stabilimento e la costruzione di una nuova fabbrica, sempre a Bologna. Da allora non è stato presentato nessun progetto concreto per il nuovo sito industriale. A settembre, però, sono state recapitate ai 46 dipendenti le lettere di trasferimento nelle altre sedi del gruppo (che conta stabilimenti in tutta Italia).
L’amministratore delegato e presidente del gruppo, Angelo Mastrolia, lo scorso 17 ottobre ha inviato ai dipendenti una lettera aperta (“resa nota a stampa e Provincia, ma da noi neanche appesa in bacheca” dice Paolo, ex lavoratore della Corticella) in cui, secondo i lavoratori, non viene presa una chiara posizione sulla realizzazione del nuovo sito industriale a Bologna.
Nella lettera, l’ad chiede la piena collaborazione di istituzoni, sindacati e lavoratori per siglare un accordo, dando così il via alla valorizzazione dell’area occupata dalla Corticella. Contestualmente, si impegna a investire nella costruzione di una nuova fabbrica l’intero ricavato della vendita dei terreni. La paura di sindacati e dipendenti è che Mastrolia abbia intenzione di chiudere il vecchio pastificio, convertire la zona in area edificabile e rivenderla senza finanziare nessun altro progetto industriale. Non solo, ma i trasferimenti annunciati porterebbero molti dipendenti a preferire le dimissioni (e questo non permetterebbe loro di avere diritto agli ammortizzatori sociali).
Nella lettera, Mastrolia si è dichiarato aperto a valutare non meglio specificati “strumenti alternativi al trasferimento” per i lavoratori, a patto che non presuppongano un “uso scorretto delle risorse pubbliche”, ossia a patto che non si tratti di cassa integrazione.
Attesa dunque, per quelle che saranno le decisioni della Provincia, ago della bilancia essenziale di questa storia.

Debora Volpi