È in corso in queste ore la mobilitazione dei comitati siciliani No Triv a Palermo. Comitati e associazioni, riuniti sotto l’unica sigla del Comitato No Triv Sicilia, chiedono all’Assemblea Regionale Siciliana l’impugnazione dell’articolo 38 del decreto Sblocca Italia, per mezzo del quale le risorse energetiche – e gli introiti che producono – costituiranno fattore di interesse strategico e rientreranno sotto la potestà legislativa esclusiva dello stato.

Trivellazioni: A Palermo c’è chi dice no

I manifestanti in presidio non accettano che sia Roma a decidere del petrolio dell’isola. Questa possibilità, sostengono, aprirebbe le porte a trivellazioni massicce, considerate altamente contoproducenti nel contesto siciliano. I No Triv hanno già incassato il sostegno di Anci Sicilia e sono appoggiati, tra gli altri, dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando e da quello di Messina Renato Accorinti.

Non accennano dunque a fermarsi le proteste contro il decreto Sblocca Italia. Oggetto del contendere è, ancora una volta, l’articolo 38 del provvedimento, che esautora di fatto i poteri locali dalla gestione delle risorse energetiche presenti nel territorio che amministrano.

Qualche giorno fa, infatti, è stata la Basilicata a scendere in piazza per chiedere alla giunta regionale l’impugnazione dell’articolo 38 di fronte alla Corte Costituzionale. Già in quell’occasione l’adesione è stata massiccia e i No Triv lucani si sono trovati a migliaia nelle strade di Potenza.

Oggi sono i siciliani a chiedere alle istituzioni regionali che le novità introdotte dall’articolo 38 non trovino terreno d’applicazione. Le questioni poste dai No Triv sono diverse e diversa è la loro natura.
Ad essere contestato è, anzitutto, il rischio ambientale che il provvedimento rischierebbe di causare. Rischio reso particolarmente concreto dalle particolarità del contesto siciliano, nel quale il petrolio è presente a grandi profondità. L’avvio di nuove trivellazioni causerebbe, inoltre, l’indebolimento di un’economia a marcata vocazione turistica e culturale che, fino a qui, pur non potendosi ritenere sufficientemente valorizzata è quantomento riuscita a sopravvivere. Anche agricoltura e pesca rischierebbero di veder restringere il proprio spazio d’azione, senza dire che gli effetti di eventuali incidenti su tutto il settore primario sarebbero catastrofici. Se si pensa alle numerose unicità dell’enogastronomia isolana, i danni potenziali ad un indotto economico storicamente debole – ed oggi ulteriormente indebolito da una crisi che dura da anni – si farebbero particolarmente gravi.

Sul tavolo c’è anche la gestione degli introiti derivanti dallo sfruttamento degli idrocarburi. A dirlo è Paolo Patania su l’Ora, che ricorda come in base all’articolo 36 dello statuto regionale siciliano sono gli introiti provenienti dai redditi patrimoniali e dai tributi regionali a provvedere al fabbisogno finanziario dell’isola. Rimane quindi da capire come e in che misura gli introiti prodotti dalle estrazioni verrano ripartiti tra Roma e Palermo.

Se la Sicilia decide di impugnare l’articolo 38, diventa la quinta regione che lo fa, quindi automaticamente si va al referemdum nazionale [abrogativo, ndr] – spiega Massimo Gimigliano dei No Triv – Con lo Sblocca Italia, il discorso delle trivellazioni, il discorso dei termovalorizzatori, il discorso delle grandi opere, si è tornati indietro di anni” nella visione strategica nazionale. Gimigliano ricorda, infatti, che i problemi in questione non interessano solo il meridione.

Il petrolio siciliano è dilemma di vecchia data. Già nel 2004 la compagnia texana Panther Oil aveva ottuneuto l’autorizzazione a procedere con le trivellazioni nella Val di Noto, nel siracusano. Quella valle, però, è stata riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco. A seguito di ricorsi e controricorsi, nel 2010 è stata la compagnia petrolifera a spuntarla. In quell’occasione le accuse incrociate tra la regione e ministero dell’ambiente non hanno mancato di regalare all’attenzione pubblica la rappresentazione plastica di un’incapacità politica diffusa – sia sul piano regionale che su quello nazionale – e resa particolarmente irritante dalla natura non propriamente marginale delle questioni in gioco.

Alessandro Albana