Renzi vuole “portare l’Italia fuori dalla palude” e aprire una fase nuova che possa arrivare fino al 2018. L’autocandidatura alla Presidenza del Consiglio è sul piatto e la direzione gli dà ragione. Domani Letta da Napolitano per le dimissioni.

Si conclude, a quanto pare, in via del Nazareno, sede del Pd, l’avventura di Enrico Letta alla guida del governo. O almeno, a sentire il ringraziamento che la direzione del Partito Democratico fa al premier, è difficile pensare che non si tratti di un invito a farsi da parte.

In realtà basterebbe guardare con sufficiente lucidità alle dichiarazioni rilasciate da Renzi negli ultimi tempi, per capire come la naturale conseguenza delle sue stesse esternazioni non potesse che essere la salita al Colle per l’incarico. Si è passati, infatti, dal netto rifiuto iniziale nei confronti di ogni ipotesi di una staffetta con Letta non legittimata dalle urne, sino alla disponibilità attuale, che sa tanto di riscaldamento prima di entrare in campo.

Nessuno, nemmeno Matteo Renzi, ha vibrato strali contro Enrico Letta, e nessuno ha usato la parola sfiducia. Ma è bastato il ritratto che il segretario ha fatto del Paese guidato dal suo compagno di partito. E’ bastata l’evocazione della palude e del bisogno di aria nuova. E’ bastato rimandare le elezioni politiche al 2018, per lasciare intendere che il ringraziamento al governo Letta, avesse il sapore del definitivo commiato. Letta pare aver capito il messaggio del voto della direzione Pd, che ha approvato il documento presentato da Renzi a schiacciante maggioranza, e domani salirà al Colle per rimettere il suo incarico nelle mani di Napolitano

Resta da capire perchè, un uomo celebrato in questi stessi momenti dalla stampa internazionale, invidiato da Berlusconi, e ossessionato dalla legittimazione dei milioni di voti ricevuti alle primarie di dicembre, abbia deciso di abdicare sulle elezioni anticipate, consegnandosi, come chi ha solo da perdere, al tritacarne della Presidenza del Consiglio, che, come è noto, non è mai stata un catalizzatore di voti.