Quando, il 6 ottobre, il vicepremier Di Maio dichiarava “non c’è e non ci sarà nessun taglio alla sanità, all’istruzione e alla cultura” deve essersi confuso. O forse, in fin dei conti, c’è una forbicina che ha modificato la manovra di bilancio. Comunque sia, di tagli alla cultura in manovra ce ne sono, e uno dei settori più a rischio è quello delle librerie. Le interviste all’Associazione Librai Italiani e all’assessore bolognese Matteo Lepore.

Nella manovra di bilancio sono previsti diversi tagli nell’ambito culturale, che potrebbero mettere particolarmente in difficoltà le sale cinematografiche e le librerie. In particolare, è previsto un taglio ai crediti d’imposta delle librerie per un ammontare 1,25 milioni (un quarto della dotazione complessiva, secondo l’agenzia Agcult). I musei dotati di autonomia vedranno un taglio di 2,3 milioni, il credito d’imposta per gli esercenti cinematografici sarà tagliato di quattro milioni, le case editrici vedranno un taglio di 375mila euro e il Bonus Cultura per i 18enni verrà tagliato di 20 milioni di euro perché, riferisce l’esecutivo, nei primi due anni lo ha richiesto solo il 72% di coloro che ne avevano diritto. Secondo Repubblica, i risparmi derivanti dai tagli alla cultura sono riassunti in una tabellina in chiusura dell’art.59: il totale è di 5.590.250 euro, a partire dal 2020.

I tagli previsti potrebbero incidere molto negativamente soprattutto sul mondo delle librerie, specialmente nelle realtà più piccole. “Purtroppo – spiega il presidente dell’Associazione Librai Italiani Paolo Ambrosini – in manovra sono previsti dei tagli per quanto riguarda quella misura che è stata istituita quest’anno che è il credito fiscale per le aziende librarie. È una misura che è nata con la logica di sostenere le aziende librarie in un momento particolarmente difficile della loro vicenda storica, perché le librerie fanno un po’ fatica a restare aperte. Tant’è che ci sono circa 13 milioni di italiani che non hanno neanche una libreria sotto casa, e quindi l’idea era di dare un sostegno alle librerie per riportarle soprattutto nei territori laddove non ci sono”.

Per quanto le librerie costituiscano un settore privato della cultura, si tratta di una categoria molto particolare. Una libreria è un posto particolare, di diffusione di cultura, e che costruisce una propria rete all’interno delle realtà in cui è situata. Soprattutto quando si parla di realtà locali e singole, ovvero quel tipo di librerie a cui erano principalmente destinati i fondi che il governo del cambiamento sta andando a tagliare, ci si riferisce a una realtà che, se persa, non sarà facilmente sostituibile. “quando chiude una libreria – sottolinea infatti Ambrosini – quello che produce quella libreria non viene mai recuperato dagli altri operatori presenti nel territorio, perché ogni libreria ha una sua storia di clientela che non può essere replicata. Noi non siamo dei soggetti replicabili, i librai non sono dei soggetti replicabili. Se chiude una libreria c’è una perdita economica e c’è una perdita di promozione della lettura. Indubbiamente il valore economico è un valore importante, però c’è l’altro valore importantissimo, che è quello della diffusione dei saperi che in parte oggi passano anche grazie al lavoro quotidiano delle librerie. Quando si spegne una libreria si spegne un diffusore di questi saperi e non è così semplice poi replicarlo, ritrovarlo, e riaccendere questi fari. Non è così semplice”.

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Per quanto riguarda il territorio bolognese, l’assessore alla cultura Matteo Lepore sottolinea che “Bologna è una delle diverse città italiane che ha dei conti in sospeso con il governo, perché l’Anci ha richiesto 560 milioni di mancati trasferimenti ai Comuni, in questa manovra queste risorse non ci sono ma si permette ai comuni di alzare le tasse. Quindi il primo messaggio del governo è: se avete bisogno di soldi potete alzare le tasse e non vi diamo le risorse che vi dobbiamo. Dall’altra parte si tagliano risorse su diverse partite culturali. Il nostro teatro comunale ha appena avuto un taglio di 900mila euro, i fondi diretti ai teatri di base e alle associazioni di quartiere sono stati tagliati per diverse centinaia migliaia di euro. Il bando periferie, sul quale Bologna aveva ottenuto 18 milioni di euro, dei quali 8 milioni da dedicare alla realizzazione del nuovo archivio della fondazione cineteca, anche queste risorse sono sparite e le promesse non vengono mantenute”.

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