La Palestina presenta alla Corte penale internazionale un dossier su crimini di guerra nella Striscia di Gaza nell’estate 2014 e sulla colonizzazione dei terreni in Cisgiordania. Qualche giorno fa l’Onu ha presentato un rapporto per il quale sia Israele che la Palestina si sono macchiati di crimini di guerra.

La Commissione indipendente d’inchiesta delle Nazioni Unite, pochi giorni fa, ha presentato un rapporto di 227 pagine sul conflitto a Gaza nel 2014 dal quale emerge che si sono macchiati di crimini di guerra sia  Israele che i gruppi armati palestinesi. Nel rapporto d’inchiesta diffuso a Ginevra emerge un resoconto che racconta come in soli 51 giorni si è assistito a una “devastazione e sofferenza umana senza precedenti”. l conflitto durò 51 giorni e fece moltissime vittime. Dal lato palestinese, circa 2.200 persone morirono, dei quali 1462 erano civili. Dal lato israeliano furono 67 i militari rimasti uccisi. Per il giudice Mary McGowan Davis, a capo della commissione Onu, “l’ampiezza della devastazione e della sofferenza umana a Gaza è stata senza precedenti e avrà un impatto sulle generazioni future”. “È una situazione difficile” ci racconta Luisa Morgantini, ex vicepresidente del Parlamento Europeo, appena rientrata da Gaza. “La popolazione è stremata ed è impressionante vedere le persone piangere vicino gli scheletri delle proprie case”.

Le autorità palestinesi hanno presentato alla Corte penale internazionale (Cpi) la documentazione necessaria per richiedere l’apertura di un’inchiesta su Israele ed eventuali crimini di guerra commessi dal governo di Tel Aviv. “Ottenere giustizia è essenziale per le vittime palestinesi, sia che esse siano vive o morte – ha detto il ministro degli Esteri Riad al Malki uscendo dalla sede del tribunale all’Aia -Oggi la Palestina è qui per chiedere giustizia, non vendetta”. Una volta presentata la documentazione, sarà la procuratrice Bensouda a decidere se esistono prove sufficienti e chi dovrà essere indagato dal tribunale. Israele ha deciso di non collaborare con il tribunale dell’Aia e non ha risposto alle sue domande, sostenendo che la corte non abbia legittimità per indagare perché Tel Aviv non riconosce la Palestina come entità statale.

Il conflitto ha visto un dispiegamento di forze e di armi incredibile per un periodo così breve. In quei 51 giorni ci sono stati oltre 6000 raid aerei e circa 50 mila colpi da terra. Il dossier racconta le colpe di entrambe le parti in causa. Il lancio indiscriminato di razzi di Tel Aviv su Israele aveva, secondo il ministro palestine al Malki, “l’obiettivo di diffondere il terrore tra i civili israeliani” mentre Israele non rivide mai la pratica dei raid aerei, neanche dopo che i loro effetti sui civili divennero evidenti.

Israele ha già contestato il rapporto, sostenendo che è frutto di conclusioni affrettate. Lo stesso Netanyahu ha detto che leggere il rapporto sarebbe «una perdita di tempo». Israele ha poi aggiunto: “Il Consiglio dei diritti dell’uomo di Ginevra soffre di una singolare ossessione per Israele, il suo mandato presumeva – ha aggiunto – la colpevolezza di Israele fin dall’inizio”. In merito, bisogna ricordare che sia le autorità israeliane che quelle egiziane hanno impedito l’accesso alla striscia di Gaza ai componenti della commissione e alle altre organizzazioni umanitarie. Il dossier è stato compilato attraverso immagini e interviste da Gaza. “Alcuni componenti dell’esercito israeliano – aggiunge Luisa Morgantini – hanno deciso di dire basta alla violenza e denunciare i crimini commessi sul campo”.

Nel rapporto Onu viene espressa anche la critica sulla pratica israeliana del”roof knocking”. Il governo invita la popolazione a lasciare un quartiere e automaticamente considera chiunque vi rimanga come un combattente. Nel dossier si legge che “questa pratica rende gli attacchi sui civili altamente probabili”. Israele è stato più volte ammonito dall’Onu che adesso, conclude la Morgantini, “è obbligato a trovare una soluzione. Noi nel 1948 abbiamo diviso quel territorio, noi dobbiamo proporre la pace, noi dobbiamo dire basta a Israele”.

Daniela Larocca