Compagnie telefoniche e pay tv ci spillano più soldi e pagano meno tasse con un semplice trucco di fatturazione: le scadenze ogni 28 giorni invece che ogni mese. Nonostante le multe dell’Antitrust e i richiami dell’Agcom, le pratiche continuano. Il governo pensa di intervenire. Ecco come funziona.

Rinnovo tariffe ogni 28 giorni: l’ultima invenzione delle reti telefoniche

Sarà capitato a molti di avere un abbonamento mensile ad una compagnia telefonica e, verso la fine del mese di abbonamento, ricevere un addebito con scadenze sempre più anticipate. I conti non tornavano, ma noi non ci abbiamo inizialmente fatto caso perché le cifre pagate erano irrisorie e perché pensavamo di essere noi ad avere problemi di memoria.
A qualcuno, poi, dopo qualche tempo, sarà anche arrivata una comunicazione della compagnia telefonica che avvisava di quanto in realtà stava già accadendo, cioè che l’abbonamento mensile in realtà non durava un mese ma 28 giorni.

Quella appena descritta è una piccola (ma nemmeno tanto) truffa operata da compagnie telefoniche e pay tv, che in questo modo ci spillano più soldi e pagano meno tasse rispetto ad un aumento tariffario su base mensile.
Lo scorso 8 agosto Wind è stata multata di 500mila euro dall’Antitrust per pratiche commerciali scorrette. Al centro della sanzione c’era proprio la fatturazione a 28 giorni.
La compagnia telefonica, però, non è la sola furbetta, anzi è in buona compagnia: gli utenti denunciano che anche media e pay tv del calibro di Sky si comportano allo stesso modo.

In realtà le autorità hanno cominciato a muoversi ben prima di agosto. A marzo scorso Agcom ha chiesto agli operatori telefonici di ritornare in carreggiata, ma nessuno si è adeguato. Sanzioni e richiami hanno riguardato pressoché tutte le compagnie, ma nessuna ha corretto il tiro perché, come vedremo, la pratica truffaldina è talmente vantaggiosa per le aziende da permettere di sostenere i costi di eventuali sanzioni.
In realtà l’Autorità garante ha le sue responsabilità nella situazione che che si è prodotta, come ci spiega l’avvocato Alessandro Rocchi di Assoutenti: “Nel 2013 disse che quella fatturazione era legittima come strumento di concorrenza, ma tutte le compagnie l’hanno adottata facendo cartello”.
Molte compagnie, inoltre, si sono messe al riparo dalle contestazioni degli utenti con informative che suonavano più o meno così: “Questi sono i termini che ho deciso unilateralmente di modificare, se non ti vanno bene hai tot giorni per cambiare compagnia”. Peccato che tutti gli altri operatori pratichino le stesse condizioni.

Il ministro per lo Sviluppo Economico Carlo Calenda ha definito “inaccettabile” il comportamento delle aziende di telecomunicazione, sostenendo di voler intervenire per via legislativa “il prima possibile”.
Secondo alcuni osservatori, una possibilità sarebbe quella di un emendamento alla legge di Bilancio, licenziata lunedì scorso dal Consiglio dei ministri, che ora passa all’esame del Parlamento.
Anche il legislatore, però, non è esente da responsabilità. “Nel recente ddl concorrenza sono state confermate modalità penalizzanti per il recesso dai contratti”, osserva Rocchi. In un progetto di legge in elaborazione, inoltre, si conta di risolvere tutto con indennizzi obbligatori, che spesso non vengono pretesi dai consumatori perché la burocrazia e le lungaggini per accedervi sembrano infinite.

Ma come funziona il trucco e perché è così vantaggioso? Ipotizziamo di avere stipulato un contratto da 10 euro al mese. I mesi in un anno sono dodici, quindi all’anno pagheremmo 120 euro. Con la fatturazione a 28 giorni le scadenze in un anno diventano tredici (mesi lunari), quindi in 365 giorni pagheremmo 130 euro, dieci in più.

Non bastava che le compagnie decidessero di aumentare di un euro al mese il contratto, passando da 10 a 11 euro? La risposta è no, perché avrebbero una tassazione più alta. Con Iva al 22% e un contratto da 10 euro al mese gli operatori pagherebbero 26,4 euro di tasse all’anno. Con un contratto da 11 euro al mese, la quota salirebbe a 29,04 euro all’anno. Con una fatturazione di 10 euro, ma ogni 28 giorni, le tasse pagate all’anno dalle compagnie telefoniche sarebbero 28,06 euro. Le tasse pagate per un contratto di 11 euro per 12 mesi sono più onerose di 62 centesimi rispetto a quelle pagate per un contratto da 10 euro per 13 mesi lunari.

Prese così sembrano cifre irrisorie, vantaggi di pochi decimali, ma moltiplicate per i milioni di cittadini che hanno un contratto telefonico, con i milioni di utenze esistenti, ed ecco che la somma diventa considerevole.
Con una fatturazione a 28 giorni per un contratto da 10 euro al mese, quindi, le aziende guadagnano 7,8 euro per ciascun cittadino e pagano appena 2,2 euro in più di tasse, per un ricavo netto di 5,6 euro a contratto. Moltiplicato per centinaia di migliaia di persone e senza considerare che esistono contratti ben più onerosi di quelli da 10 euro al mese. Se fossero “solo” 100mila persone ad avere un contratto come il nostro, la compagnia telefonica incasserebbe 560.000 euro senza alcuno sforzo.

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALESSANDRO ROCCHI: