Scoppiato per il caro-carburante voluto dal governo, il movimento spontaneo francese dei gilet gialli è un fenomeno confuso e complesso. Leonardo Bianchi, giornalista di Vice, li paragona ai Forconi italiani. Il racconto da Parigi di Cosimo Lisi. La chiavi di lettura più efficaci potrebbero essere quelle di “periferia vs centro” e di rigetto delle disuguaglianze.

Chi sono i Gilet Gialli?

Una decina di giorni fa hanno fatto prepotentemente irruzione nelle cronache di mezzo mondo per le forme radicali di protesta che avevano messo in atto, con blocchi stradali e dei depositi petroliferi. Poi il carburante del movimento sembrava esaurirsi, fino all’arrivo a Parigi durante lo scorso week end e gli scontri e la guerriglia che hanno portato all’evacuazione degli Champs Elysées.
È il fenomeno dei “gilet jaunes“, i gilet gialli, come sono stati chiamati a causa delle pettorine catarifrangenti che indossano.

Di loro si sa che provengono da zone rurali della Francia e che protestano per il caro-benzina annunciato dal governo. Un aumento motivato in chiave ecologica, come misura di transizione per la riduzione dell’impatto sul clima.
Un altro elemento noto è la spontaneità del movimento. Anche se a posteriori l’estrema destra di Marine Le Pen ha tentato di sussumere la protesta, dandovi il proprio appoggio, le manifestazioni sono nate senza l’input di partiti, sindacati o associazioni.

Le rivendicazioni che i gilet gialli portano avanti hanno fatto sì che alcune delle letture che sono state date finora al fenomeno li abbia collocati nel semicerchio di destra della politica. L’opposizione a misure ecologiste, infatti, viene associata alle fazioni conservatrici e liberali, impostata su un’economia votata alle fonti fossili e poco attenta all’impatto sul pianeta. Per contro, alcuni manifestati hanno spiegato che muoversi in contesti periferici e rurali non è come farlo nella metropoli parigina, dove l’alternativa della metropolitana e dei mezzi pubblici è concreta.

Ci sono poi altri due elementi che restituiscono complessità alla composizione del movimento dei gilet gialli. Da un lato una “frangia” che si dichiara apertamente antirazzista e lo indica anche con un logo sulle stesse pettorine. Dall’altro, l’omaggio effettuato sabato scorso a Montpellier dagli stessi gilet gialli alla manifestazione in occasione della Giornata Mondiale contro la violenza alle donne.

In un articolo su Vice, il giornalista Leonardo Bianchi, autore del libro “La gente – Viaggio nell’Italia del risentimento “, equipara i gilet gialli al movimento dei forconi italiano. Ad assimilarli ci sono modalità organizzative simili, attraverso i social network, ma anche il linguaggio, fatto di meme artigianali e video-selfie di gente sconosciuta. Entrambi i movimenti, inoltre, sono nati fuori dal radar dei partiti politici ed esprimono il rifiuto totale della politica rappresentativa.

Tra la realtà italiana e quella francese, però, esistono anche alcune divergenze. “I gilet gialli stanno avendo più successo – spiega ai nostri microfoni Bianchi – e sembrano un movimento più eterogeneo, mentre in Italia i forconi erano sicuramente più a destra. L’essere una protesta più spontanea rende quella francese più suscettibile di infiltrazioni politiche, ma al tempo stesso è molto più imprevedibile. Inoltre è partita da una rivendicazione precisa, il no al caro-carburante, mentre il movimento italiano non aveva i contenuti più disparati”.

In ogni caso, i gilet gialli francesi inaugurano un nuovo modello di protesta sociale, il cui fascino sta proprio nell’imprevedibilità della direzione che potrà assumere.
“È nata come una sorta di rivolta della piccola borghesia – sintetizza il giornalista – Ma è l’ennesimo sintomo che dimostra come la democrazia rappresentativa, quella fatta da corpi intermedi come partiti e sindacati, è in crisi acuta, forse terminale“.

ASCOLTA L’INTERVISTA A LEONARDO BIANCHI:

Alla manifestazione di sabato scorso a Parigi ha partecipato anche Cosimo Lisi, attivista italiano che vive in Francia da anni ed ha seguito molte mobilitazioni, come quella contro la Loi Travail.
Ai nostri microfoni l’attivista sottolinea l’impossibilità di leggere questo movimento con i canoni tradizionali, in particolare quello “destra-sinistra”. Nel movimento spontaneo sono presenti entrambe le componenti.
“La sensazione è che la gente protesti contro le diseguaglianze prodotte dalla crisi e dalle politiche liberiste”, osserva Lisi.
Molto più utili potrebbero essere le dicotomie “periferia-centro” e “basso-alto“.

L’attivista conferma che le manifestazioni non avevano una direzione. “L’unico obiettivo era riuscire ad arrivare negli Champs Elysées, che sono forse il quartiere più ricco d’Europa”. Trovatasi davanti la polizia a sbarrare la strada, la protesta ha assunto i toni di una sommossa, di un moto popolare.
“Ho parlato con ragazzi che sventolavano il tricolore francese, ma che erano di origine tunisina e si dicevano contro il razzismo”, racconta per dare l’idea della confusione e della complessità della composizione della protesta.

Ciò che ora è interessante capire, però, è quale possibile sbocco potrebbe avere il movimento.
“Il rischio che vada a vantaggio dell’estrema destra è sempre dietro l’angolo – osserva Lisi – Molto dipenderà da se e come gli altri movimenti, quelli di sinistra, entreranno in dialogo con i gilet gialli”. In questo senso ci sono diversi tentativi, a partire dall’associazione francese antirazzista Rosa Parks, che nelle mobilitazioni dei prossimi giorni cercheranno di creare punti di contatto con i gilet gialli.

ASCOLTA L’INTERVISTA A COSIMO LISI: