Enel cita in giudicio Greenpeace per aver utilizzato il proprio logo in una campagna contro le centrali a carbone. L’associazione ambientalista: “Vogliono zittirci perché mettiamo in evidenza i danni ambientali e per la salute causati ogni anno dalle centrali”. Calcolati 1,8 miliardi di danni all’anno e oltre 360 morti.

“Enel vuole zittirci”. È così che Greenpeace commenta le azioni legali della multinazionale dell’elettricità ai propri danni. Enel ha infatti citato in giudizio l’associazione ambientalista per l’utilizzo del proprio marchio a fini commerciali in un video della campagna contro le centrali a carbone.
Al centro della vicenda c’è il cortometraggio “Uno al giorno”, che porta la firma registica di Mimmo Calopresti e vanta la partecipazione di attori famosi, come Alessandro Haber.
“Enel ci accusa di utilizzare il suo marchio a fini commerciali – spiega Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace – Ma noi siamo una onlus il cui fatturato non basterebbe nemmeno a pagare lo stipendio del cda di Enel, azienda che fattura 70 miliardi all’anno”.

L’obiettivo vero, secondo l’associazione, è quello di far calare il silenzio sulla loro campagna contro le centrali a carbone e sui danni all’ambiente e alla salute che esse producono. Greenpeace ha calcolato che le 8 centrali sul territorio italiano generano danni pari a 1,8 miliardi di euro all’anno, ma quel che è peggio è che quasi una persona al giorno (360 all’anno) muore prematuramente proprio per l’inquinamento prodotto.
“Nonostante questi dati e nonostante la campagna – prosegue Onufrio – Enel non sembra avere alcuna intenzione di passare a fonti di produzione energetica più pulite. Anzi: nel 2010 l’utilizzo del carbone era pari al 34%, mentre nel 2012 è passata al 48,5%”.

La battaglia, ora anche legale, tra il colosso dell’energia e l’associazione è di lungo corso. Venerdì prossimo Greenpeace comparirà in aula a Milano, accusata da Enel di uso illegittimo del suo marchio, ma il 19 aprile prosegue il processo per le proteste di Greenpeace contro la centrale di Porto Tolle del 2006, a fine maggio inizia un processo contro alcuni attivisti di Greenpeace per un’azione non violenta tenutasi presso la centrale di Brindisi nel 2009, in concomitanza con il G8; per fatti analoghi, avvenuti però presso la centrale di Civitavecchia, Greenpeace tornerà nuovamente in aula il 21 giugno.

Greenpeace, però, è anche causa civile nei processi che vedono i vertici di Enel tra i banchi degli imputati, per i danni causati. E ora chiede l’intervento della politica, dal momento che il 31% delle azioni dell’azienda è ancora nelle mani dello Stato ed è proprio la politica a nominare i vertici della società.