Contro le centrali della provincia di Bologna, Ferrara e Modena, i comitati si uniscono per chiedere alla Regione una moratoria sulle autorizzazioni. “Le centrali inquinano, non producono energia rinnovabile, sottraggono spazio all’agricoltura e sono oggetto di speculazioni finanziarie”.

Il tema della produzione energetica, negli ultimi anni, è entrato prepotentemente nell’agenda politica mondiale. Ci si interroga sugli strumenti più adatti a sostituire il petrolio e gli altri combustibili fossili. In alcuni casi, però, le energie alternative non sono rinnovabili.
Ne sono convinti i comitati contro le centrali a biomasse, che stanno portando avanti diverse battaglie contro il proliferare degli impianti che producono energia dai vegetali.

Lunedì scorso, a Mezzolara di Budrio, i comitati di cittadini delle province di Bologna, Ferrara e Modena si sono dati appuntamento in un’assemblea che aveva lo scopo di condividere le esperienze e fare così massa critica nella battaglia contro le centrali.
L’unione dei comitati ha già elaborato e presentato alla Regione Emilia Romagna una richiesta di moratoria alle autorizzazioni di nuovi impianti, chiedendo che il tema venga regolamentato in modo più attento e la realizzazione di centrali a biomasse non costituisca un alibi per il piano energetico degli Enti Locali.

LE RAGIONI DEL NO – Le ragioni di chi è contrario alle centrali a biomasse investono diversi settori. In primo luogo l’equivoco tra ciò che è alternativo e ciò che è rinnovabile, due termini che non sempre vanno di pari passo. Le energie provenienti dal vento e dal sole sono sia alternative che rinnovabili. Coltivare vegetali appositamente per produrre energia invece no. “L’energia è forzatamente rinnovata – spiega Ezio Roi, uno degli estensori della moratoria – ma per produrre ciò di cui si alimenta una centrale occorre utilizzare petrolio, ad esempio nell’aratura, nella semina e nel raccolto”.
Le centrali a biomasse, inoltre, richiedono spesso monoculture che hanno un serio impatto sull’agricoltura e possono costituire un pericolo anche per la biodiversità.
Quanto all’attività degli impianti, è l’inquinamento prodotto ad essere sotto accusa. Inquinamento dell’aria, che spesso si traduce anche in cattivi odori in prossimità di centri abitati, dell’acqua e della terra.
Per non parlare del deturpamento del territorio che, in alcuni casi, le centrali rappresentano.
Dietro al vero e proprio boom di impianti di questo tipo, però, i comitati sospettano che ci siano anche speculazioni finanziarie per ottenere i finanziamenti pubblici.

Se le ragioni della contrarietà sono comuni, ad essere peculiare è la storia di ciascun impianto e ciascun territorio. Vi sono situazioni, infatti, in cui anche gli Amministratori locali si sono dichiarati contrari agli impianti, ma la questione ha fatto sorgere quelli che sembrano quasi dei conflitti di competenze tra le diverse Istituzioni.

SAN GIOVANNI IN PERSICETO – Il caso del Comune a nord-ovest di Bologna è uno dei più emblematici per quanto riguarda la proliferazione di centrali a biomasse.
Sono infatti tre gli impianti che a breve rischiano di insistere sul territorio. Una centrale è già sorta alla Biancolina, mentre un’altra è in via di costruzione nella frazione delle Budrie. Un terzo impianto, infine, sta seguendo l’iter di approvazione e dovrebbe essere realizzato ad Amola.
Per contrastare questo boom a Persiceto sono già nati tre comitati e un blog, Persiceto Cafè, che cerca di informare e sensibilizzare la cittadinanza sul tema. Uno dei redattori, Gabriele Tesini, punta il dito contro la politica e le istituzioni, che paiono sorde alle ragioni dei cittadini e spesso se ne lavano le mani. “Abbiamo intenzione di fargliela pagare politicamente, riconsegnando le tessere di partito e non dando il nostro voto a quei partiti alle prossime elezioni”, spiega Tesini.

GALLIERA – Spostandoci verso oriente troviamo il caso di Galliera, che più di altri evidenzia il conflitto di competenze tra le varie istituzioni. Il caso della centrale, infatti, è finito sul tavolo del Consiglio dei Ministri perché i diversi Enti non sono riusciti a trovare un accordo. Il Comune è contrario alla realizzazione della centrale e ha addirittura istituito una commissione ad hoc. Favorevole, invece, la Provincia.
“Non è pensabile – spiega Maurizio Lodi, presidente della commissione per il controllo della costruzione della centrale a biomassa di Galliera – che su una questione del genere decidano da Roma, senza nemmeno sapere com’è fatto il territorio e quali sono le strade”.

BUDRIO – L’impianto in via di approvazione a Mezzolara svela bene la speculazione finanziaria che spesso sta dietro alle centrali a biomasse. In questo caso, infatti, dovrebbero essere realizzati quattro micro-impianti da un megawatt, in modo da non superare la soglia che permette di accedere ai finanziamenti pubblici.
Anche in questo caso i comitati sono riusciti a fare pressione sul Comune, che ha proposto il ridimensionamento della centrale, ma finora di risultati concreti non se ne sono visti, se non un probabile allontanamento dal centro del paese. “A Mezzolara, inoltre, la centrale rischia di compromettere Valle Benni, un’importante zona naturalistica”, spiega Patrizia Soverini, presidentessa del comitato.

La battaglia dei comitati, dunque, è appena cominciata. Ottenuta l’unione delle lotte tra le province di Bologna, Ferrara e Modena, ora si punta alla creazione di pool tecnici, legali e a condividere il percorso anche con altri comitati del nord e centro Italia che vivono gli stessi problemi.
Nell’assemblea di lunedì scorso, infine, sono state anche lanciati i prossimi appuntamenti che si svolgeranno nelle prossime settimane.