“Condizioni degradanti e disumane” dovute al sovraffollamento. Con queste motivazioni la Corte Europea condanna l’Italia per le proprie condizioni carcerarie e intima di trovare soluzioni entro un anno.

La Corte Europea per i Diritti Umani di Strasburgo ha condannato per la seconda volta l’Italia per il sovraffollamento e le condizioni carcerarie cui sono sottoposti i detenuti. In particolare il nostro Paese viola l’articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani, che vieta la tortura o il trattamento disumano o degradante e ora dovrà adottare entro un anno una misura o una combinazione di misure atte a rimediare alle violazioni.

La pronuncia della Corte si basa sui casi di alcuni detenuti condannati a scontare pene detentive nelle carceri di Busto Arsizio e Piacenza e che hanno denunciato il fatto di aver dovuto condividere con altri due carcerati una cella di 9 metri quadrati, e lamentato la mancanza di acqua calda e in alcuni casi di un’adeguata illuminazione delle celle. Condizioni che la Corte ha ritenuto degradanti e disumane. La Corte ha altresì condannato l’Italia a versare ai detenuti in questione la somma totale di 99.600 Euro oltre ai 1.500 ciascuno per risarcire i costi e le spese sostenute.

Il ministro della Giustizia uscente Paola Severino si dice avvilita, ma afferma di non essere stupita dalla sentenza.
Nemmeno le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti si dicono stupite, poiché il sovraffollamento è uno dei problemi che denunciano da anni.
Grande assente nel dibattito è la politica, come conferma Valentina Calderone dell’associazione A buon diritto: “Le campagne elettorali degli ultimi anni hanno fatto leva sullo spauracchio della sicurezza in senso repressivo e anche gli ultimi provvedimenti del governo in materia sono piuttosto controversi”.

A sollevare con clamore il problema è stato, pochi giorni fa, Marco Pannella, che con il suo sciopero della fame e della sete voleva accendere i riflettori proprio sulle condizioni gravissime della popolazione detenuta italiana. Dopo le rassicurazioni del premier Mario Monti, però, nessuno schieramento politico sembra avere pensato, nei propri programmi, a misure in tal senso.