Misure contro il sovraffollamento e la carcerazione preventiva, azioni concrete per il reiserimento sociale e introduzione del reato di tortura. Sono queste alcune delle richieste dei garanti per i diritti dei detenuti che per un mese si mobilitano contro le condizioni carcerarie.

Le carceri italiane versano in una situazione di vera e propria emergenza. Sovraffollamento e violazioni dei diritti umani per cui, nel solo 2010, il nostro Paese è incorso in 98 sentenze di condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell’Uomo. L’Italia sta a Strasburgo sul banco degli imputati, poco distante da Turchia, Romania, Ucraina e Polonia (fra i Paesi aderenti alla Cedu) per numero di infrazioni, quasi allineata a quegli stati cui vorremmo dare  lezioni di democrazia. Provvedimenti urgenti che ci chiede l’Europa ma  a cui le parti politiche non hanno difficoltà a derogare. Inascoltati anche gli appelli di Napolitano per l’introduzione di pene alternative.

Al solito plauso bipartisan fa seguito l’assoluta immobilità del Parlamento, tanto da spingere i garanti italiani a mobilitarsi su una piattaforma di richieste puntuali.  Un mese in cui la voce di chi sta in carcere si farà sentire in 12 città diverse, con eventi e confronti, sostenuti da 4 garanti regionali e 8 garanti provinciali. “Lo Stato – afferma Elisabetta Laganà, garante dei detenuti del Comune di Bologna – deve essere credibile, porsi in contrapposizione rispetto al disvalore del reato. Al momento non è così, nell’orrore degli Opg econ i dati i livelli attuali di sovraffollamento.”  “Dopo l’introduzione delle carcerazioni brevissime e l’estensione della lg. 199 del 2010, con i domiciliari fino a 18 mesi, il numero di detenuti è sceso da 67.000 a 66.500. Un calo risibile che chiede una svolta.”

Fra i punti posti dai garanti all’attenzione di Governo, Parlamento e amministrazione penitenziaria la modifica all’articolo 73 del codice penale, in materia di illeciti connessi alla detenzione e spaccio di sostanze. “Per distinguere – sottolinea la Laganà –  fra chi ha bisogno di recuperare la propria vita in strutture terapeutiche e chi deve stare fra le mura di un carcere. A Milano va avanti la riorganizzazione per evitare al tossicodipendente il passaggio in carcere, inutile, oltre che dannoso  per la ‘vita dopo’.

E poi formazione e  lavoro, proprio perché i dati ci dicono di una drastica riduzione della recidiva. Al momento è in atto una revisione della legge Smuraglia del 2000, in cui si disciplina il lavoro entro e fuori le mura: di fatto sono pochi, ed in costante calo, i casi in cui si applica veramente, mentre potrebbe risolvere alla radice il problema del sovraffollamento.” La Laganà si scaglia poi sull’abuso in Italia della carcerazione preventiva, con i dati più elevati a livello europeo, mentre fra le richieste dei garanti vi è modifica della legge Cirielli. “In un Paese in cui assistiamo a 175.000 procedimenti di prescrizione ogni anno, qualcosa va cambiato, occorre una riforma organica della giustizia. Sì ad amnistia ed indulto, più volte richiamati dal capo dello stato, se non altro perché al momento non esiste un’alternativa legislativa: a fronte di 45.000 posti sono 66.500 i detenuti.”

Fra i punti per cui si battono i garanti l’introduzione del reato di tortura. Un buco legislativo che ha impedito una vera sentenza nei confronti dei due detenuti vittime di brutali violenze nel carcere di  Asti. E poi l’introduzione di un garante nazionale e l’applicazione integrale del Regolamento del 2000 per garantire condizioni di vita accettabile dentro il carcere. “Nel caso di minori – conclude la Laganà – il carcere semplicemente non dovrebbe esistere, si dovrebbe riflettere sul percorso legislativo da intraprendere per andare verso forme di pena alternative.”

A Bologna si contano 880 detenuti alla Dozza, 20 ragazzi al Pratello e 30 donne e 12 uomini nel CIE, carcere di fatto, di via Mattei.  Le istituzioni locali, in accordo con il garante e la Prefettura stanno lavorando per la creazione di un Osservatorio dei diritti, qualcosa di più di un semplice sportello. “Un modo per tenere desta l’attenzione rispetto a situazioni che altrimenti rischieremmo di rimuovere – dichiara l’assessore ai Servizi sociali Amelia Frascaroli. Nelle strutture carcerarie ma anche all’interno del Cie l’associazione “Altro diritto” tenterà una mappatura in tempo reale per segnalare abusi e informare i detenuti sui propri diritti. Coinvolta anche l’associazione Sos Donna.

Nel Cie le associazioni saranno presenti per far emergere tutte quelle situazioni in cui la detenzione è illegittima, ad esempio perché è mancato un tempestivo riconoscimento dello status di rifugiato o per le donne vittime di tratta. “Un percorso di questo tipo  – prosegue la Frascaroli – era già stato tentato negli anni scorsi, poi dal 2010 la mancanza di finanziamenti ha costretto all’interruzione. Ora ci riproviamo, con l’intervento su base volontaria delle associazioni.”

Angelica Erta