Le pratiche di sfruttamento selvaggio dei lavoratori nelle campagne sono un fenomeno diffuso su tutto il territorio nazionale. Dopo i recenti casi di cronaca i mezzi di informazione e le istituzioni sono tornati ad occuparsi del tema, dichiarando guerra al caporalato. Ma secondo il blogger Wolf Bukowski il problema è ben lungi dall’essere superato.

Una lotta al caporalato

Il settore del lavoro agricolo è caratterizzato da vere e proprie sacche di criminalità che si traducono in pratiche di sfruttamento. Paghe da fame e condizioni di lavoro precarie che in molti casi rasentano lo schiavismo. L’utilizzo di manodopera straniera sottopagata è diventato un modo di produzione che si è diffuso capillarmente su tutto il territorio italiano mettendo nell’ombra la vecchia contrapposizione tra un Sud contaminato da sfruttamento e caporalato e un Nord virtuoso e impermeabile a questi fenomeni.

Morire di lavoro nei campi, per una paga misera, è un rischio più che concreto, come hanno testimoniato i recenti casi di cronaca. Ecco allora che i mezzi di informazione e gli attori della politica hanno nuovamente acceso i fari sul fenomeno del caporalato. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, insieme al ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, promettono misure e pene severe di contrasto al fenomeno, equiparandolo alla mafia.

Wolf Bukowski, blogger e autore del libro “La danza delle mozzarelle” (ed. Alegre), in un articolo apparso su Internazionale delinea il sentiero che andrebbe percorso per sconfiggere il caporalato. Cinque regole che ricalcano quelle prescritte da Sun Tzu nel suo trattato sull’arte della guerra: “misurare gli spazi”, ovvero conoscere il terreno, è la prima regola del maestro cinese – spiega Bukowski –  “quantificare le forze” la seconda. Ai dati ottenuti andrà poi applicato il “calcolo numerico”, la “comparazione” e, infine, la valutazione delle “possibilità di successo”.

Nell’analisi del fenomeno effettuata da chi si promette di contrastare il caporalato, tuttavia, i problemi sorgono già al secondo punto, “quantificare le forze”, e via via si ripercuotono a catena sulle regole successive. Come spiega Wolf Bukowski ai nostri microfoni, infatti, “c’è un analisi molto debole che si basa solo sui comportamenti più vistosi, e non su quella che è la filiera agricola nel suo complesso e i prezzi al suo interno. In generale non si tiene conto delle questioni strutturali che conducono a questa piaga che sembra impossibile da estirpare”.

Le prime risposte annunciate dal Governo sono misure di rafforzamento del contrasto al caporalato, un reato introdotto nel codice penale nel 2011, attraverso un inasprimento delle pene nei confronti dei caporali e delle aziende agricole che si affidano a questi reclutatori di manodopera. “Si parla di inasprimento delle pene, ma il reato di caporalato esiste già da più di tre anni e la situazione non è migliorata – sottolinea Bukowski – Il vero tema da affrontare è quello di rendere inutile e superare la figura del caporale nelle strutture economiche della filiera“.

“Quello di cui non si tiene conto – continua il blogger – è la liberalizzazione globale del settore agricolo, che andrebbe ripensata. Ci sono quindi la grande distribuzione e i grandi trasformatori che comprano indifferentemente ovunque, e la concorrenza diventa spietata. Al momento le politiche dell’Unione europea sono tutte fatte in favore dei grandi produttori”.

Le perplessità dell’autore de “La danza delle mozzarelle” riguardano poi un ulteriore aspetto della questione, ovvero l’equiparazione del fenomeno del caporalato alla mafia: “Parlare di ogni fenomeno criminale come mafia è un modo per non parlare seriamente né di mafia né dell’altra criminalità. Non si deve pensare che ci sia una cupola mafiosa che gestisce i caporali, ci sono situazioni molto differenziate. Spesso i caporali sono persone che hanno legami famigliari e di conoscenza con i lavoratori, spesso – e non solo oggi – i caporali sono riconosciuti dai lavoratori, in quanto sono lo strumento con cui trovano lavoro. Quindi è un tema che andrebbe affrontato in modo molto più complesso che non con gli slogan della mafia“.

Lo sfruttamento dei lavoratori nel settore agricolo è un tema che si lega strettamente a quello dell‘immigrazione, dato il tasso di manodopera straniera impegnata nelle campagne. Ambedue i fenomeni non trovano risposta da parte delle politiche nazionali ed europee, e probabilmente le cinque regole suggerite da Bukowski per il contrasto al caporalato potrebbero applicarsi anche al tema dell’immigrazione. “La figura del caporale può essere paragonata a quella dello scafista – spiega il blogger – Ci si scaglia in modo banale contro soggetti che rispondono a un’esigenza senza chiedersi i motivi per cui questa esigenza è nata. Non difendo né il caporale né lo scafista, persone che approfittano brutalmente della situazione di bisogno di chi sta peggio. Ma bisogna chiedersi perché esistono queste figure, ed eliminare la necessità del loro ruolo“.