La Libia ripiomba nel caos, sempre che ne fosse uscita. L’aeroporto di Tripoli, sotto il tiro costante dei razzi dei ribelli, è chiuso. L’est del paese sembrerebbe nelle mani delle milizie islamiche riunite. Il paese subisce continui blackout. Molto probabile un intervento internazionale.

Caos Libia: la situazione nel paese martoriato dalla guerra

La Libia torna teatro di violenze tra fazioni e questa volta, la situazione potrebbe risolversi in un conflitto fratricida aperto. L‘aeroporto della capitale è chiuso, in seguito al lancio di razzi, che hanno colpito i veicoli presenti sulle piste e una torretta. Lo scontro, che si sta consumando nel paese che fu di Gheddafi, contrappone, tra le altre, le milizie irregolari fedeli al generale disertore Khalifa Hiftar e il gruppo radicale islamico di Ansar al-Sharia, lo stesso considerato responsabile dell’attacco al consolato statunitense di Bengasi (settembre 2012) nel corso del quale persero la vita 4 cittadini americani, tra i quali il console statunitense Chris Stevens.

Nel corso degli ultimi scontri in tutta la Libia (si combatte anche a Bengasi) sarebbero più di dieci i morti e alcune decine i feriti. Il governo provvisorio di Tripoli sta valutando seriamente la possibilità di richiedere un intervento internazionale per ristabilire la sicurezza nel paese.

“Purtroppo lo scenario libico vive un momento di confusione totale. Stiamo parlando di un paese senza infrastrutture, senza società civile, senza organizzazione. Gheddafi per 43 anni ha controllato tutto. Immaginiamo il vuoto che ha potuto generare la sua caduta.” dice ai nostri microfoni il giornalista Mohamed Bashir Abukabda.

“Adesso -continua il giornalista- ci sono fazioni che combattono per il potere, per accaparrarsi il patrimonio enorme di risorse del paese. Ora la battaglia si sta concentrando nella zona di Tripoli, e si combatte tra le due fazioni più importanti: quella di Misurata e quella di Zintan. La situazione è davvero tragica. Con l‘infiltrazione di Al-Qaeda (una novità per lo scenario libico), può sfociare davvero in una guerra civile fratricida.”

E’ netto, Mohamed Bashir Abukabda sulla possibilità di un intervento internazionale. “Credo che sia ineluttabile l’intervento internazionale, stando a quanto sta accadendo. Stiamo parlando di un contesto tribale, di un paese che è stato sotto un’ampolla di vetro per più di 40 anni. Non  la Tunisia o l’Egitto. Non ha una società civile, né infrastrutture.”