A meno che la negoziazione che verrà non porti a mantenere le stesse regole, con la Brexit le conseguenze per i cittadini europei che vivono o voglio vivere in Gran Bretagna saranno dure. Restrizioni su soggiorno, lavoro e welfare renderanno più difficile costruirsi un futuro nel Regno Unito.

Non avranno effetto immediato, ma l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea avrà conseguenze anche sui cittadini europei che vivono e lavorano Oltremanica. O che vorrebbero farlo.
L’uscita dall’Unione, infatti, comporta l’uscita anche da trattati e convenzioni europe e se non verranno negoziate regole che mantengano l’attuale situazione, i cittadini europei che vivono e lavorano in Gran Bretagna avranno vita più difficile.

La situazione è diversificata a seconda della presenza effettiva di europei in Uk. Coloro che sono già presenti su suolo britannico e pagano le tasse da almeno 5 anni, possono chiedere un permesso di residenza e la cittadinanza.
È probabile che chi non lo abbia ancora fatto si affretti a presentare le pratiche, causando un potenziale ingolfamento del sistema. Le procedure attuali sono lunghe e costose: almeno un anno di tempo e mille sterline. Oltre ad un test generale sulla cultura britannici.
L’alternativa provvisoria è la richiesta di un visto di lavoro, da rinnovare ogni tre anni, sottoscritta dal datore di lavoro.

I problemi maggiori saranno per chi aveva intenzione di andare nel Regno Unito e non c’è ancora. Sarà infatti più difficile emigrare, trovare una sistemazione provvisoria e cercare lavoro. Come funzionava in Italia con la legge Turco-Napolitano, sostituita poi dalla Bossi-Fini, infatti, per entrare da regolari in Uk servirà avere un lavoro prima di giungere sul suolo britannico. Ad essere penalizzati, dunque, saranno soprattutto i free-lance, molti dei quali già nel Paese potrebbero essere costretti a rimpatriare.

Sul versante dei servizi di welfare la situazione sarà molto dura. Già prima del voto, infatti, la Corte Ue aveva dato ragione a Londra sulla limitazione delle prestazioni sociali per i cittadini europei che vivono in Gran Bretagna ma non hanno diritto di soggiorno nel Paese. In particolare, è stato respinto un ricorso della Commissione europea con la motivazione che, per quanto discriminatoria, la decisione è giustificata dalla necessità di proteggere le finanze dello Stato membro ospitante“.
L’Europa della finanza, dunque, paga lo scotto dei suoi orientamenti politici, ma sulla pelle dei cittadini.

Tra i cittadini europei che vivono in Gran Bretagna, in queste ore, regna la massima confusione e incertezza. “Il fronte del ‘leave’ non ha dettagliato cosa vorrebbe fare con l’uscita – spiega ai nostri microfoni Federica Degli Esposti, cittadina italiana che si trova a Londra – Io non so cosa fare, perché non so se convenga prendere la cittadinanza di un Paese che è fuori da tutto. Forse conviene andarsene”.
La sensazione è che, nei prossimi mesi, verranno ridotti la sanità, i diritti dei lavoratori e quelli dei migranti: un trend che è già iniziato con l’insediamento del governo Cameron.

Molto dipenderà dalle trattative, dunque, ma secondo Degli Esposti, le autorità britanniche riceveranno forti pressioni sia dalle multinazionali che dalle Università perché, ad esempio nella City, molti lavoratori e ricercatori sono europei per mancanza di un numero sufficiente di britannici che abbiano le caratteristiche per coprire quei ruoli.