È passato quasi un anno dalla Conferenza sul clima di Parigi. L’incontro tra i leader della terra si è concluso con un accordo e un piano fatto di obiettivi da raggiungere entro il 2030. L’Italia è uno dei Paesi che è maggiormente indietro rispetto a questi obiettivi. Noi abbiamo raccolto il parere del portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini, ex ministro del lavoro e delle politiche sociali ed ex presidente Istat.

Poco più di dieci mesi fa, nel dicembre del 2015, si è tenuta a Parigi Cop21, la Conferenza sul clima durante la quale si sono riunite le delegazioni di 196 Paesi con l’obiettivo di trovare un accordo per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Dopo giorni e notti di negoziati l’accordo è stato raggiunto con piena soddisfazione delle parti in causa. Lo stesso presidente del consiglio italiano Matteo Renzi aveva dichiarato: “L’Italia ha la leadership in alcuni settori della green economy. Noi stiamo andando nella giusta direzione e stiamo facendo tutti quegli sforzi che ci portano a essere una delle nazioni guida in questo settore. Sono ottimista, ma è ancora lunga. Spero che l’accordo sia il più vincolante possibile, altrimenti si rischia un impegno scritto sulla sabbia”.

L’accordo stabiliva, tra le altre cose, l’impegno a limitare l’innalzamento della temperatura globale sotto i 2 gradi e l’erogazione di cento miliardi di euro all’anno (dal 2020) per incrementare l’utilizzo delle energie rinnovabili. Un testo che non ha convinto proprio tutti come hanno dimostrato le manifestazioni di proteste da parte di numerose associazioni di ambientalisti negli stessi giorni a Parigi e non solo.

Per entrare in vigore, l’accordo deve essere approvato da almeno 55 Paesi che rappresentano il 55% delle emissioni globali di gas serra. Il compito di ratificarlo in Italia è affidato, dal 3 febbraio di quest’anno, all’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (AsviS), che ha redatto un rapporto per fare il punto della situazione dopo quasi un anno dalla Conferenza di Parigi.
I numeri elencati nel documento sono preoccupanti: come evidenzia il portavoce dell’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile, ex ministro del lavoro e delle politiche sociali durante il governo Letta, Enrico Giovannini, “oltre 4,5 milioni di poveri assoluti, un tasso di occupazione femminile inferiore al 50%, oltre 2 milioni di giovani che non studiano e non lavorano; con investimenti in ricerca e sviluppo di poco superiori all’1% del Pil, un rapporto tra ricchi e poveri tra i più squilibrati dell’area Ocse; con significative disuguaglianze di genere e un’inaccettabile violenza sulle donne (76 femminicidi dall’inizio dell’anno); un degrado ambientale forte soprattutto in certe zone del Paese e tutte le specie ittiche a rischio; con il 36% di persone che vive in zone ad alto rischio sismico e un’alta mortalità a causa dell’inquinamento atmosferico nei centri urbani”.

In particolare, il giudizio sull’operato di questo governo riguardo i temi della Conferenza di Parigi è insufficiente: “con una transizione troppo lenta alle fonti rinnovabili rispetto agli accordi di Parigi – osserva Giovannini – l’Italia dimostra di essere ancora molto lontana dal percorso di sostenibilità delineato dall’Agenda 2030 e dagli impegni sottoscritti all’Onu un anno fa. Eppure sappiamo di non avere alternative per garantire un futuro al Paese”.

Le proposte dell’ASviS, racchiuse nei 17 obiettivi, sono concentrate nel far sì che l’Italia sviluppi una propria strategia di sviluppo sostenibile. “La parola chiave – sottolinea l’ex ministro – è integrazione tra politiche economiche, sociali e ambientali. Non c’è un prima e un dopo: non è che uno può fare una crescita economica che crea disuguaglianze e distrugge l’ambiente e poi occuparsi di ripagare i danni che ha provocato”.
Lo sguardo naturalemente è rivolto alla green economy, settore in cui ci sarebbero “grandi opportunità”, però il punto rimane che in Italia manca un piano d’azione strutturale.

Giovannini, ai nostri microfoni, ricorda che “Una strategia molto importante che ci manca è quella coerente con l’accordo di Parigi sulla lotta ai cambiamenti climatici che il Parlamento europeo ha ratificato. L’Italia deve ratificarlo al più presto. Il Consiglio dei Ministri ha approvato la bozza di legge per consentire al Presidente della Repubblica di firmare l’accordo”.
Non serve solo la ratifica e l’attuazione degli accordi già raggiunti durante la Cop21, ma anche uno sguardo a ciò che accadrà dopo: “L’Italia deve dotarsi – prosegue Giovannini – di questa strategia energetica che ci possa portare nel 2030 all’eliminazione totale dell’uso dei combustibili fossili: la cosiddetta decarbonizzazione. Ha dei costi ma anche molti vantaggi: noi diciamo che se l’Italia e il Governo si dessero una strategia di questo tipo dissiperebbero tanti dubbi che hanno gli operatori economici e quindi tutti andrebbero in quella direzione”.

La speranza è che vengano applicate politiche mirate a raggiungere gli obiettivi dell’agenda al più presto. In questo senso risulta chiave la nomina di Segretario Generale delle Nazioni Unite del socialista Antonio Guterres. Il professor Giovannini, tra gli altri incarichi, ha ricevuto da Ban Ki-moon quello di Co-chair dell’ “Independent Expert Advisory Group on the Data Revolution for Sustainable Development” e dunque conosce bene la realtà ONU: “Guterres è una persona di spicco – commenta il professore – nel mondo dei progressisti. Da questo punto di vista è una persona capace di portare l’ONU a realizzare questa Strategia per il 2030 conoscendo anche tutte le difficoltà che l’ONU comporta. Sono ottimista che sia in grado di proseguire il lavoro di Ban Ki-moon e accellerare perché il tema dello sviluppo sostenibile è una questione globale». L’ex Ministro non perde il vizio “politico” e si concede una battuta nel finale della nostra intervista: «Serve rafforzare la cooperazione internazionale invece che i nazionalismi”.

Francesco Calderaro