Uno dei tre vincitori nazionali del bando cheFare, il progetto “Baumhaus, la casa delle arti urbane e della cultura open, è nato nel quartiere popolare della Bolognina. Il contrasto alla dispersione scolastica e la redistribuzione delle opportunità al centro di un progetto che unisce sociale e tecnologia.

Progetto Baumhaus: cos’è?

Sei piccole realtà underground si sono messe insieme ed hanno scalato l’affollata concorrenza del bando nazionale “cheFare – cultura e innovazione“, aggiudicandosi 50mila euro.
Il cuore del progetto ha sede in Bolognina, quartiere popolare della città, spesso messo all’indice dalla destra come esempio di degrado e ora, invece, centro di avanguardia della sperimentazione sociale ed artistica.

Le ragazze e i ragazzi di “Baumhaus” ieri hanno festeggiato un successo a detta loro inaspettato e oggi si rimboccano le maniche per dare corpo e vita ad un progetto che ha un obiettivo preciso, culturale e politico: redistribuire le opportunità.
Per farlo hanno coalizzato On the Move (crew hip hop di ragazzi fra i 16 e i 30 anni), Bolognina Basement (rivista on line di critica culturale), BAUM (festival delle arti urbane della Bolognina), Corte 3 (community center di quartiere), SMK Videofactory (casa di produzione video indipendente) e Distribuzioni dal Basso (primo portale italiano per la circolazione di materiali multimediali indipendenti in Creative Commons e realizzati in crowdfunding).
Map è il nome dell’associazione che riunisce le diverse realtà

Sono molti gli elementi di innovazione introdotti (e premiati) del progetto. Ad esempio, in un’ottica di protagonismo e partecipazione attiva, verranno organizzati dei corsi co-progettati con i partecipanti e realizzati insieme all’expertise cittadina in ambito di produzioni culturali. L’obiettivo è diventare un punto di riferimento per le produzioni culturali della città, innescare meccanismi di inclusione ed empowerment delle nuove generazioni, contrastare la dispersione scolastica.

Ai corsi potrà partecipare anche chi non può permetterselo. “Il meccanismo è quello del caffé sospeso“, racconta ai nostri microfoni Anna Romani, una delle anime del progetto.
La pratica napoletana e di altre città italiane di lasciare un caffé pagato per chi non può permetterselo viene traslata su corsi di formazione under 18.