Tre obblighi di dimora e altrettanti arresti domiciliari sono stati notificati ieri agli attivisti di Tpo, Làbas e Hobo. Se i movimenti reagiscono con solidarietà diffusa, verso e oltre la manifestazione di sabato, il coro di posizioni del Pd e delle istituzioni è tutt’altro che unanime.

Labas, Tpo ed Hobo nel mirino della polizia

Il lavoro certosino che la procura bolognese sta eseguendo ormai da mesi per costringere all’inattività gli attivisti della città è certo cosa nota. A finire nel mirino, ieri, sono stati cinque attivisti di Tpo e Làbas e uno di Hobo. Per loro il gip Gianluca Petragnani Gelosi ha disposto tre arresti domiciliari e altrettanti obblighi di dimora. Tra gli attivisti, che hanno tra i 22 e i 48 anni, ci sono anche Gianmarco De Pieri e Gigi Roggero, già colpiti, rispettivamente, da divieto di dimora e arresti domiciliari.

L’accusa, resistenza e lesioni aggravate a pubblico ufficiale, si riferisce a fatti dell’ottobre 2014, quando furono contestate le Sentinelle in Piedi (5 ottobre) – con le quali erano in piazza volti noti dei gruppi fascisti bolognesi – e la visita del governatore di Bankitalia Visco, caduta in concomitanza con un’adunata fascista promossa dal forzanovista Roberto Fiore (18 ottobre). No, non abbiamo fatto confusione: per due volte in un mese le piazze di Bologna, città medaglia d’oro per la Resistenza, sono state messe a disposizione di fascisti e affini.

A farlo notare sono le voci, numerose, che questa mattina, in una cornice non casuale – quella di Palazzo d’Accursio – hanno espresso solidarietà agli attivisti colpiti. C’erano i promotori della campagna Libertà di Dimora, che hanno rilanciato la manifestazione del 26 e annunciato la visita di Salvini a Bologna, prevista per l’8 novembre, non verrà ignorata. Ma c’erano anche i No People Mover, che hanno espresso “Solidarietà a Meco (Domenico Mucignat del Tpo, colpito da obbligo di dimora, ndr) e a tutti i compagni sotto attacco”, la campagna Noi Restiamo, che sottolinea il valore politico delle misure, Link – Rete della Conoscenza, che parla di una città in cui “chi detiene non ha il consenso”, Vag 61, Radio al Suolo e il circolo Berneri.

C’era anche Mirco Pieralisi, consigliere comunale di Sel, che ha parlato di “impazzimento istituzionale tra i palazzi del potere” e “faida interna al Pd”. Perché mentre la solidarietà dei movimenti è praticamente unanime, il fronte istituzionale si spacca tra critici delle misure (Sel), timidi solidali (alcuni dentro al Pd), e strenui legalitari, Paruolo del Pd su tutti.

“Ci sembra – commenta a questo proposito Maurilio Pirone del Tpo – Che nel momento in cui ci sono conti da regolare all’interno dei palazzi del potere, si usano atti giudiziari indirizzati ai movimenti per cercare di darsi dei segnali”. Solo che qui, continua Pirone, “Non è in gioco solo il rispetto dei ruoli – che magari sono altri a non aver rispettato – la legalità o l’illegalità, il dibattito è molto più ampio”.

Moltissime sono poi le voci rimaste mute, tanto che, in un editoriale del Resto del Carlino di oggi, si denuncia che “il silenzio è assenso” (alla condotta degli attivisti colpiti, ndr) e si invita il Comune a ‘riflettere’ sull’opportunità di “prolungare convenzioni con ambienti che difendono chi delinque”, cioè i centri sociali come il Tpo.

Intanto, però, a bilancio vanno messi altri attivisti colpiti e nuove misure comminate, in quello che è ormai difficile non definire un giro di vite della procura sul mondo cosiddetto antagonista. “Parliamo – conclude Pirone – Di  misure che dovrebbero avere il carattere di eccezionalità ed urgenza, che invece vengono a configurarsi come sistematiche, un’anticipazione della pena”.