Continua la mobilitazione Rsu contro la riforma pensionistica del governo Monti. Dopo l’incontro di Milano, nel dicembre scorso, domani un’assemblea aperta, presso la sede della Cgil, rilancerà la richiesta di un profondo cambiamento della previdenza.

“La legge Fornero sulle pensioni è sbagliata e dannosa per i lavoratori e il Paese”. Con queste parole le Rsu riassumono la necessità immediata di un cambio di rotta. Domani, dalle 9.30 alle 14, nella sede bolognese della Cgil, si riuniranno decine di delegati per continuare la mobilitazione contro una legge, che aveva promesso più lavoro, soprattutto per i giorvani e ha, invece, creato, un corto circuito nel mercato del lavoro.

Il principio alla base della mobilitazione è di immediata comprensione: se si aumenta l’età pensionabile si annulla il fisiologico turn-over tra generazioni, e ci si trova davanti al paradosso di una generazione che vorrebbe andare in pensione ma non può, e di un’altra che vorrebbe lavorare, ma trova le porte del mercato del lavoro sbarrate.

“Con il combinato disposto della modifica dell’articolo 18 e della crisi, (la riforma Fornero, ndr) è una delle cause principali dell’aumento della disoccupazione giovanile” dice Vittorio Rubini, delegato Hera.

In questo contesto, già pesante, si presenta un altro grave problema, soprattutto in prospettiva: le pensioni dei giovani, che attualmente lavorano, potrebbero ammontare a cifre ridicole.

“Il secondo problema della riforma previdenziale è il tasso di sostituzione delle pensioni per i giovani, che saranno purtroppo inferiori al 50% dell’ultimo reddito -continua Rubini- Vogliamo creare
le condizioni tali per cui ci sia una soglia di garanzia, e il tasso di sostituzione sia non inferiore al 60-65% dell’ultimo reddito, uno degli elementi contenuti nel protocollo d’intesa del 2007, che, purtroppo la riforma Monti-Fornero ha annullato in una notte.”

L’invito è dunque per domani, per rilanciare una lotta che nel dicembre 2011, quando la riforma fu approvata, vide i sindacati confederali troppo timidi, come ammette lo stesso Rubini.