Le socie di Arcilesbica Bologna, il più grande circolo lesbico italiano, si riuniranno in assemblea il 23 marzo per sancire la disaffiliazione dall’associazione nazionale. Al centro dello scontro la posizione “imposta” dal nazionale sulla gestazione per altri. L’intervista alla presidente Carla Catena.

Arcilesbica Bologna, il circolo lesbico più grande d’Italia, sta per dare l’addio ad Arcilesbica nazionale. La decisione verrà formalmente assunta il 23 marzo, quando si svolgerà un’assemblea straordinaria, richiesta dalla maggioranza delle socie bolognesi, in cui verrà cancellata dallo statuto l’affiliazione all’omonima associazione nazionale.
Si completa così la frattura cominciata da molti mesi e manifestatasi anche al congresso di pochi mesi qua, quando la sezione di Bologna presentò un documento che non riuscì ad ottenere la maggioranza.

Alla base della decisione delle lesbiche bolognesi ci sono dunque i contrasti sul tema della gestazione per altri (gpa) – o maternità surrogata – che ha provocato anche un feroce dibattito nazionale e ha creato non poche tensioni in tutta la comunità lgbtq.
Il nazionale ha espresso una netta e ferma contrarietà alla pratica e da Bologne non sono d’accordo.
“Noi non diciamo di essere per la liberalizzazione totale – spiega ai nostri microfoni Carla Catena, presidente di Arcilesbica Bologna – ma oltre a rivendicare l’autodeterminazione della donna, riteniamo che non sia un tema che riguarda in modo importante le lesbiche e soprattutto diciamo no alla posizione unica e monilitica imposta dal nazionale”.

L’iter per la disaffiliazione, dunque, è già avviato e da Bologna fanno sapere che a livello burocratico nessuna potrà fermarlo. A livello politico, invece, occorrerà vedere se dal nazionale qualcuna tenterà una mediazione e riconciliazione. “Finora c’è un silenzio assordante”, osserva Catena.
Quello che Arcilesbica Bologna tiene a sottolineare è che la decisione non cambierà la storia, le attività e le relazioni che le socie bolognesi hanno costruito in questi anni.

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