Dal giornale che dà il nome alla festa alla location in Fiera, dall’assenza di vecchi “compagni” come Errani e Bersani alla nuova linea per l’accoglienza dei migranti, dopo l’accordo con la Libia e la criminalizzazione delle ong di Minniti. La festa de l’Unità di Bologna, che comincia giovedì prossimo, cerca di archiviare il passato per rilanciare un partito messo all’angolo dalle ultime elezioni. GUARDA IL VIDEO

Se c’è una parola d’ordine per la festa de l’Unità di Bologna, che aprirà i battenti il prossimo 23 agosto, è di sicuro “archiviazione“. Ovviamente i dirigenti dem non hanno mai pronunciato questo termine e, come si conviene nelle presentazioni, parlano in positivo nonostante le evidenti difficoltà attuali. Ma mettendo in fila una dopo l’altra tutte le questioni con cui il Pd cerca di chiudere e tagliare i ponti, nella speranza di una ripartenza che tarda ad arrivare, si può tranquillamente dire che da giovedì prossimo fino al 10 settembre andrà in scena una “festa dell’archiviazione”.

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La prima questione sta nel nome stesso: il quotidiano cui è dedicata la festa, l’Unità, è morto e sepolto sotto i colpi del renzismo che lo ha liquidato in un modo inglorioso, sia per la sua storia che per quella del fondatore, Antonio Gramsci. Sebbene in altri territori d’Italia la festa abbia già cambiato nome. a Bologna i dirigenti del partito hanno voluto ostinatamente mantenerlo in virtù dei fasti del passato.

Il secondo elemento è la location. Dopo 44 anni la festa de l’Unità abbandona il Parco Nord, spostandosi in Fiera. I responsabili della kermesse mettono giù tutti gli aspetti positivi: più vicina al centro cittadino, locali climatizzati, meno dispersione e nessun problema in caso di maltempo. Ciò su cui si sorvola è quello che è apparso come uno sgambetto dell’attuale gestore del Parco Nord, che nello stesso periodo ha organizzato una “contro-festa”.

Ad essere archiviati, però, sono anche molti dei vecchi compagni di strada. Amici che, delusi dalla gestione renziana, hanno abbandonato il partito per confluire in LeU. Così, personaggi come l’ex segretario Pierluigi Bersani o l’ex governatore della Regione Vasco Errani non hanno ricevuto alcun invito.
“In rappresentanza delle formazioni alla sinistra del Pd abbiamo invitato Laura Boldrini”, taglia corto il segretario bolognese e deputato Francesco Critelli.
Qualcuno tra i giornalisti si domanda se ad essere archiviato sia anche l’ex segretario Matteo Renzi, che non figura nel programma ufficiale. In questo caso arrivano vaghe rassicurazioni: l’organizzazione è in contatto con lo staff di Renzi e non è esclusa una sua partecipazione extra-programma.

Il vero nodo, però, rimangono le politiche. Se nei giorni scorsi qualcuno ha proposto di cambiare nome al partito per tentare un rilancio, in molti nella dirigenza, locale e nazionale, si rendono conto che non è un restyling di nomenclatura che può dare al Pd la forza per ripartire dopo la sonora batosta del 4 marzo scorso.
In questo senso, dunque, la festa bolognese si presenta come un cantiere, un laboratorio di prova. Qui, infatti, il partito cerca di smarcarsi dal suo stesso passato recente e dare una nuova linea, che possa costituire un tassello nell’opposizione – finora pressoché inesistente – al governo pentaleghista.

La scelta di puntare sull’accoglienza dei migranti è il campo principale. Al punto da intitolare alle vittime del Mediterraneo la sala dibattiti centrale della festa.
Un colpo di cancellino sull’operato del precedente governo, che sul versante migratorio verrà ricordato per l’accordo con la Libia per frenare gli sbarchi e la criminalizzazione delle ong. Nonostante questo, l’ex ministro Minniti figura tra i relatori di un dibattito politico.
Sul versante degli spettacoli, invece, la formula adottata prevede un mix tra vecchio e nuovo. Se ritornano i “vecchi” calcatori di palco della kermesse, come Modena City Ramblers, Giuliano Palma e Bandabardò, l’innovazione sta nel concerto di Ermal Meta e Fabrizio Moro e nella proiezione del film del Terzo Segreto di Satira, “Si muore tutti democristiani”.

La sensazione che rimane dalla conferenza stampa di questa mattina, quindi, è che lo shock per i colpi incassati a marzo non sia ancora stato superato e che il Pd navighi a vista, frastoranato da un mondo e una società che non è in grado di leggere tanto bene.