“Nessuna città è immune”. Così Vincenzo Branà, presidente del Cassero, commenta l’aggressione omofoba avvenuta nel pieno centro di Bologna e nell’indifferenza dei passanti. Due i fronti su cui lavorarare: sollecitare la Regione ad approvare la legge quadro e considerare bene comune i valori che tengono insieme il tessuto sociale, primo fra tutti la solidarietà.

È stato picchiato, gli hanno rotto il naso, provocato un trauma cranico e rubato il cellulare. Il tutto perché identificato come omosessuale. È l’episodio, raccontato da Repubblica Bologna , che ha coinvolto uno studente erasmus, vittima di un’aggressione omofoba da parte di tre persone.
Il pestaggio è avvenuto in piazzetta San Giuseppe e, secondo il racconto della vittima, alcune persone sono passate di lì nel momento della violenza, ma non sono intervenute.

“È un fatto molto grave – commenta ai nostri microfoni Vincenzo Branà, presidente del Cassero – e ci deve far pensare che questi fatti non sono eccezionali e nessuna città è immune“. Nemmeno Bologna, dove è presente una grande comunità lgbtq, dove le associazioni sono numerose e l’Amministrazione comunale investe su questi temi.
Quanto accaduto, però, “non è un fatto di sicurezza – aggiunge subito dopo Branà – è sbagliato reagire a vicende come questa parlando di militarizzazione della città, di controlli, eccetera. È invece un fatto di solidarietà, che è mancata“.

Ciò che colpisce dal racconto dell’aggressione è proprio l’assenza di solidarietà da parte dei cittadini che hanno assistito alla scena. E allora il presidente del Cassero si domanda: “Cosa mettiamo nel tessuto sociale? Come lo facciamo crescere? Quale cultura e quale educazione?”.
Nella nostra città, riflette Branà, si è strutturato molto un discorso sul bene comune, concentrandolo però sui luoghi. Accanto a ciò, però, occorrerebbe riflettere sul fatto che il bene comune è rappresentato anzitutto dai valori che tengono insieme il tessuto sociale.
“Vorrei fare una provocazione – aggiunge – mi chiedo se avremmo osservato la stessa indifferenza se, al posto di un episodio omofobico, avessimo assistito ad una persona che imbrattava un muro”.

In questa chiave, quindi, vanno intesi anche i provvedimenti legislativi che si possono adottare. Se la mancata approvazione della legge nazionale sull’omofobia è un tema su cui riflettere, l’Arcigay sottolinea il ruolo che possono ancora svolgere gli Enti Locali.
In particolare l’appello è alla Regione, perché approvi il testo di legge quadro. “Non si tratta di una legge penale, che serve a inseguire gli omofobi, ma costruisce protocolli di buone pratiche nelle scuole, nelle istituzioni, negli enti che operano nell’educazione alle diversità”. Quei testi, per Branà, sono importanti perché costruiscono e rendono solidi dei percorsi.

Dal sindaco Virginio Merola e dall’assessora comunale Susanna Zaccaria, intanto, arriva una nota con la quale annunciano che il Comune è pronto a costituirsi parte civile nel processo che si svolgerà quando verranno identificati gli aggressori.

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