Il giorno dopo la maxioperazione Aemilia che ha portato all’arresto di 117 persone legate alla ‘ndrangheta in regione, Nadia Monti, assessore alla Legalità del Comune di Bologna e coordinatrice regionale di Avviso Pubblico, indica come le Istituzioni possono difendersi dall’avanzata della criminalità organizzata.

“Avevamo ragione quando dicevamo che le mafie sono già radicate sul nostro territorio”. Nadia Monti, assessore alla Legalità del Comune di Bologna e coordinatrice regionale di Avviso Pubblico, la rete di amministratori contro le mafie, commenta così la maxioperazione Aemilia, che ieri ha portato all’arresto di 117 persone che facevano parte di un sistema legato alla ‘ndrangheta e che era capace di pilotare anche le elezioni comunali, aggiudicarsi appalti per la ricostruzione post-terremoto, condizionare il mondo dell’informazione.
Per Monti, dunque, non si può più parlare di infiltrazioni, ma di vero e proprio radicamento.

La mano della mafia si è spinta a ridosso delle Amministrazioni pubbliche. Il caso più eclatante è il coinvolgimento di un funzionario del Comune di Finale Emilia, uno di quelli più colpiti dal terremoto del 2012, che avrebbe favorito una società, la Bianchini Costruzioni, legata al clan mafioso.
La società nel 2013 era stata espulsa dalla whitelist, l’elenco delle aziende con certificato anti-mafia, che è uno strumento con cui la Regione cercava di arginare gli appetiti delle mafie sulla ricostruzione. Ciò non è però bastato ad evitare che l’impresa facesse affari con gli appalti dei Comuni terremotati.

E allora cosa servirebbe affinché si verifichi ciò che Stefano Bonaccini, presidente della Regione, auspicava ieri, ovvero che le Istituzioni creino una solida barriera contro la malavita?
Per Monti gli strumenti sono tre: sensibilizzazione della popolazione, soprattutto dei giovani, formazione del personale degli Enti Pubblici e coordinamento con le forze dell’ordine.
Se di progetti per il primo punto ce ne sono già parecchi, con numerosi incontri nelle scuole, ciò che manca o non è abbastanza efficace sono gli altri due punti.

“I piccoli Comuni da soli non hanno le risorse per intervenire da soli – osserva Monti – Occorrerebbe quindi investire in formazione del personale e dotare le Amministrazioni di strumenti per poter intervenire”.
Per la coordinatrice regionale di Avviso Pubblico, in molti casi basterebbe poco anche nel coordinamento con le forze dell’ordine, in modo che gli uffici comunali siano al corrente, ad esempio, dei cambiamenti societari all’interno delle aziende.

Vi è poi una zona grigia che è stata sottratta al controllo dei Comuni, quella delle autorizzazioni in settori ad alto rischio di infiltrazione: il gioco d’azzardo e i compro oro.
“Le autorizzazioni non passano dal Comune, ma vengono direttamente dalla Questura – spiega Monti – in questo modo per un amministratore diventa difficile mantenere il controllo della situazione. Può cogliere i segnali di qualcosa che non va, ma non ha potere di intervento”. Tutto ciò per effetto delle liberalizzazioni del settore, che hanno però generato il problema.

L’inchiesta Aemilia, però, per Monti ha segnato un passaggio importante e ora anche chi faceva finta di nulla, accusando di allarmismo chi metteva in guardia dalla presenza delle mafie sul territorio, dovrà fare i conti con la realtà ed agire di conseguenza.