Da un lato l’annuncio della svendita delle azioni Hera, dall’altro la conferma dei finanziamenti alle scuole private. Così il sindaco di Bologna si allinea ai diktat liberisti del governo Renzi e non rispetta la volontà espressa dagli elettori con i due referendum. Caselli: “C’è un grosso problema di democrazia, non hanno imparato dal flop delle regionali”.

Virginio Merola segue ciò che gli dice Renzi?

I cittadini dicono che vogliono scuola pubblica e il Comune conferma i finanziamenti alle scuole private anche nello statuto per la Città Metropolitana. I cittadini vogliono che l’acqua rimanga pubblica e il sindaco di Bologna Virginio Merola annuncia di voler vendere le azioni Hera e di fatto privatizzare la gestione dei servizi idrici e ambientali.
“C’è un problema di democrazia colossale – afferma Andrea Caselli, portavoce dei referendari dell’acqua – e c’è anche povertà di idee in una crisi in cui sarebbe necessario mettere in campo energie e risorse, mentre anche a Bologna ci si arrende ai diktat del governo Renzi e dell’Europa e non si tiene conto del messaggio delle elezioni regionali”.

L’analisi di quanto sta accadendo a Palazzo D’Accursio sta nel solco della morsa liberista imposta dai governi degli ultimi anni, quando anche il Partito Democratico si è allineato all’idea che le privatizzazioni fossero la strada da seguire.
Sono almeno due i settori caldi in cui il sindaco Merola mette a nudo la sua idea di gestione della città e l’assetto che dovrebbe assumere: l’acqua e la scuola.
Ed è un curioso che proprio su questi due temi la politica abbia ricevuto delle indicazioni chiare da parte dei cittadini che, chiamati ad esprimersi attraverso due consultazioni referendarie, hanno detto inequivocabilmente qual’è la loro idea in merito.

Scuola. Il referendum consultivo del 26 maggio 2013 ha segnato la vittoria di quanti volevano abolire i finanziamenti alle scuole private. Un provvedimento che da Palazzo D’Accursio non è mai arrivato. Anzi: il Partito Democratico ora vorrebbe riproporre il modello sconfitto nelle urne, quello del sistema integrato che fa piovere milioni di euro nelle casse delle scuole paritarie, anche nello statuto della Città Metropolitana che si sta discutendo in questi giorni.
Tutto ciò considerando che ormai il Pd in città ha un consenso inferiore in termini numerici rispetto a quanti si espressero per l’abolizione dei finanziamenti alle private .

Acqua. Sul finire della settimana scorsa, il sindaco Merola ha manifestato l’intenzione di voler dismettere un ulteriore pacchetto delle azioni di Hera, la multiutility che gestisce i servizi ambientali. Il primo cittadino è arrivato a sostenere che si può controllare la società anche con un 35% di quota pubblica. A sollevarsi subito è stata Sel, che ha annunciato che non voterà mai quella che di fatto è la privatizzazione della gestione dei servizi ambientali, mentre i sindacati chiedono un confronto per discutere nel merito di un’opzione alla quale comunque si oppongono.

“La boutade di Merola – commenta Caselli – va esattamente nel segno opposto a quanto sancito dal referendum e si colloca invece nel solco di quello che fu il Decreto Ronchi del governo Berlusconi, che proprio col referendum fu abrogato”.
Il decreto diceva proprio che la partecipazione pubblica nelle società di gestione dei servizi ambientali doveva scendere al 35% ed ecco che, a tre anni e mezzo dalla consultazione, è il Partito Democratico a voler attuare quanto inizialmente pensato dal Popolo delle Libertà.
“Quello di cui ci sarebbe bisogno – osserva Caselli – è proprio il contrario. Ad esempio si potrebbero utilizzare i dividendi di Hera per mettere mano alle reti idriche e migliorare il servizio”.

E se per il sindaco le risorse che si verrebbero a liberare dalla vendita di azioni (si parla di 100 milioni di euro) farebbero comodo alle casse del Comune, per fronteggiare i tagli dell’esecutivo centrale, per il portavoce del comitato per l’acqua pubblica il Comune di Bologna si è arreso ai diktat di Renzi e dell’Europa, ovvero “all’idea che gli enti locali debbano essere penalizzati, indotti e obbligati a privatizzare i servizi pubblici”.
Il pericolo di privatizzazione, per Caselli, non è ancora imminente, dal momento che dovranno passare altri sei mesi per il rinnovo del patto di sindacato, dunque c’è tutto il tempo per mettere in campo una mobilitazione.

Anche in questo caso, però, c’è un problema di democrazia e anche in questo caso i referendari sottolineano come il volere dei cittadini venga disatteso: “In Emilia Romagna votarono 2milioni di persone contro la privattizazione dell’acqua, mentre alle recenti elezioni regionali l’affluenza generale è stata della metà – osserva Caselli – Di fronte ad una crisi di rappresentanza, invece che mettersi al servizio di una riconnessione con il volere popolare, si tira dritto”.