Una valanga di soldi alla Tuchia per aprire nuovi centri per profughi e tenerseli sul proprio territorio e un piano di espulsione di 400mila migranti economici. L’Europa non cambia il segno alle proprie politiche migratorie e si conferma xenofoba. L’intervista a Valerio Cataldi, giornalista del Tg2, premio Ilaria Alpi per il servizio sul trattamento antiscabbia dei migranti a Lampedusa e fondatore del Comitato 3 ottobre.

Valerio Cataldi sull’accordo Turchia UE

Un miliardo di dollari alla Turchia per aprire nuovi centri di accoglienza per migranti sul proprio territorio ed impedire che approdino in Europa. È il nodo centrale dell’accordo stipulato lunedì scorso tra Bruxelles ed Ankara, col quale l’Europa conta di frenare il flusso di profughi verso i Paesi membri.
Non solo: secondo il Times , sempre Bruxelles starebbe per predisporre un piano per l’espulsione di 400mila migranti economici entrati nell’Unione europea nei primi sei mesi del 2015 e la cui richiesta di asilo è stata respinta. Se i Paesi di origine rifiutano, l’Ue è pronta a rappresaglie e, se i migranti tentano di fuggire, è disposta ad incarcerarli.
Il piano, tenuto segreto, dovrebbe essere discusso proprio oggi nel vertice dei ministri degli Interni.

Il segno delle politiche europee sull’immigrazione, dunque, non cambia. Le scene ai confini con l’Ungheria, le stragi in mare continuano e l’ondata di emozione ed indignazione che ha investito le opinioni pubbliche europee non sono servite a cambiare l’approccio di Bruxelles sul tema.
“Quello che viene ribadito è che le frontiere dell’Europa sono chiuse”, commenta Valerio Cataldi, giornalista del Tg2, premio Ilaria Alpi per il servizio sul trattamento antiscabbia dei migranti a Lampedusa e fondatore del Comitato 3 ottobre.
Il giornalista sottolinea come sia paradossale che l’Ue non riesca a trovare il modo di accogliere mezzo milione di persone, quando il Libano e la Giordania ne ospitano, ciascuno, un milione e la Turchia già due milioni.

Vera o meno lo scoop del Times, non è la prima volta che esponenti europei distinguono tra profughi e migranti economici. Ammesso che patire la fame sia meglio che subire una guerra, si tratta di una distinzione anche concretamente difficile da fare.
“Recentemente mi è capitato di conoscere una giovane coppia nigeriana – racconta Cataldi – che è scappata perché le famiglie erano contrarie alla loro unione. Se venissero rimpatriate, perché la Nigeria non rientra nei Paesi dai quali è consentito l’arrivo di migranti, rischierebbero la lapidazione e la morte“. Stesso discorso vale per le ragazze nigeriane recluse nel Cie di Ponte Galeria, vittime di tratta eppure oggetto di provvedimento di rimpatrio.

Il giornalista osserva, infine, come i recenti sviluppi della guerra in Siria non faranno altro che aumentare i flussi migratori. “Lo dicono gli stessi siriani – racconta – Sono stato recentemente in Turchia e alcuni profughi mi hanno detto chiaramente che le persone continueranno ad arrivare, anzi: aumenteranno. Quello che succederà è che si troveranno bloccate in Turchia e avranno come unica possibilità quella di scappare con i barconi da Bodrum e da Izmir”.