La subalternità delle socialdemocrazie al capitale, nell’impegno comune a contrastare il socialismo, ha fatto avverare la profezia di Rosa Luxemburg contenuta nello slogan “socialismo o barbarie”: ha vinto la barbarie. L’alternativa a Trump e agli altri “uomini forti” in giro per il mondo passa sempre da un diverso modello socio-economico. La riflessione di Marta Fana.

Vittoria di Trump: la riflessione di Marta Fana

Socialismo o barbarie”. È questo lo slogan promosso da Rosa Luxemburg durante la Prima guerra mondiale e la successiva rivoluzione tedesca, in seguito adottato da moti socialisti.
Alla luce del risultato delle elezioni americane, con la vittoria di Donald Trump, verrebbe da dire che ha vinto la barbarie.
Parte da qui la riflessione della ricercatrice Marta Fana nella rubrica del giovedì sulle nostre frequenze.

Sebbene non sia semplice, al momento e con i dati a disposizione, riuscire a tracciare un’analisi “di classe” del voto americano, alcuni segnali sulla composizione sociale degli elettori che hanno scelto il tycoon testimoniano che, più che vincere Trump, la cui idea sta comunque nel solco del neoliberismo e non è affatto antisistema, ha perso l’establishment precedente.
“In America – osserva la ricercatrice – la crisi è stata fortissima e, nonostante le politiche espansive, l’impoverimento non soltanto della classe media, ma anche di quella lavoratrice, è stato molto forte”.

Quello che è successo, insomma, è che il basso ha detto no all’alto e lo ha fatto inseguendo una soluzione verso destra, fatta di nazionalismo e chiusura.
Questa situazione si è prodotta, sostiene Fana, per una sostanziale subalternità delle sinistre socialdemocratiche al capitale e nell’impegno comune di contrasto ad idee e visioni socialiste. “Negli ultimi 30 anni le sinistre hanno fatto finta che le ideologie fossero finite e non esistessero più – sottolinea la ricercatrice – quando in realtà ne hanno abbracciata un’altra, quella delle destre.

Le alternative, in realtà, esistono e andrebbero semplicemente praticate. Ad esempio, per contrastare le disuguaglianze, in un contesto di guerra fra poveri, si potrebbe applicare agli aumenti salariali un criterio progressivo inversamente proporzionale: aumenti maggiori agli operai rispetto a quelli dei manager. Altra misura riguarda la tassazione dei grandi patrimoni, delle grande successioni e dei profitti.
“Il problema che abbiamo oggi – osserva Fana – è che abbiamo molta più robotizzazione della produzione. Quindi per diminuire le disuguaglianze c’è poco da fare: occorre ridistribuire la ricchezza da proprietà dei mezzi di produzione“.