Il 2013 sarà un altro anno nero per l’economia italiana, con una perdita consistente, pari al -1,7% del Pil, peggiore del preventivato -1,3% in aprile.

Stando ai dati ufficiali diffusi dal Fmi (Fondo monetario Internazionale) l’economia italiana è l’unica economia europea a non essere mai riemersa dopo la crisi dei mutui subprime del 2009.

L’economia nazionale non si riprende e si continuano a perdere posti di lavoro, nonostante l’ottimismo del governo Letta. Quanto ai conti pubblici la nota di aggiornamento al «Def» – documento di economia e finanza – diffuso ieri, mostra una realtà difficile: malgrado i tagli, Spendig review e il notevole peso delle imposte le uscite continuano a essere superiori alle entrate nell’ordine di un 3,1% di deficit / Pil previsto per fine 2013.

Il Def segue l’Agenda per la crescita, presentata dal governo lo scorso 16 settembre, che prevedeva riduzione delle imposte a lavoro e imprese, ponendo l’accento sulla riduzione del cuneo fiscale – cioè il differenziale fatto da imposte che c’è tra il salario pagato dal datore di lavoro e quello percepito dal lavoratore. Intanto deficit e debito volano: il debito è salito al 139,2%/ Pil. L’economia nazionale in recessione ovviamente fa andare i conti in rosso, e non solo quelli delle famiglie.

Se il dato del 3,1% sarà confermato, rappresenta lo sforamento del tetto del 3% che il governo Letta si era impegnato in sede europea a non superare. Un deficit del 3,1% significa 1,5 miliardi di euro in più di debito rispetto all’anno precedente. Dai documenti esposti ieri pare che il governo non stia però pensando a una manovra correttiva, sperando in una salvifica ripresa dei consumi a fine anno.

All’orizzonte si staglia lo scoglio Iva, che, oltre a essere motivo di dissenso nella maggioranza, richiederà risorse certe e immediate se si vorrà far slittare all’anno prossimo l’introduzione dell’ennesimo pesante balzello ai cittadini. Un eventuale aumento di un punto percentuale di Iva, che è stato già previsto dal prossimo 1° ottobre, potrebbe definitivamente mettere la parola fine sulla ripresa dei consumi interni nella quale il governo spera per rientrare entro fine anno nel tetto del tre per cento. Consumi che sarebbero frenati dalla crescita dell’inflazione, inevitabile effetto nefasto dell’aumento dell’imposta sul valore aggiunto.

Per chi vuole approfondire: http://www.mef.gov.it/doc-finanza-pubblica/def/2013/